Tra i ricordi che il mio relatore, Fabrizio Tonello, conserva della sua esperienza giornalistica c’è un’esperienza personale dell’ossessione massmediatica di Silvio Berlusconi. L’episodio, raccontatomi circa un anno fa – se ben ricordo -, risale al periodo della scalata alle frequenze televisive. L’allora imprenditore si getta alla conquista di un network francese e l’allora cronista, corrispondente da Parigi per Il Secolo XIX, scrive un editoriale critico sulla strategia della società appena acquisita dal magnate italiano. Berlusconi è già un grande industriale e il Secolo solo un quotidiano locale, ma l’attacco da quelle pagine è sufficiente per indurre il futuro presidente del Consiglio a sollevare personalmente la cornetta e redarguire l’arrogante giornalista.
Tonello confessa tuttora il suo stupore per quella telefonata. Oggi però bastano sassolini ancora più piccoli per risvegliare la reazione del mondo politico e industriale. Oggi un senatore della repubblica, come Paolo Guzzanti, si siede alla tastiera per prendersi gioco di un piccolo blogger e, una volta persa qualche battaglia, esce dal mondo della rete e dei nickname per entrare in quello dei titoli onorifici e dei tribunali. Smette di firmarsi informalmente “Guzz” e minaccia un procedimento giuridico condotto da Paolo Guzzanti, Senatore della Repubblica Italiana.
Guzzanti, ora agli onori della cronaca per le sue altalene politiche e per aver dato i natali a due celebri comici televisivi, fu a lungo inviato del quotidiano La Repubblica in Salvador. Con la sua penna, oltre alla stima del Direttore, Eugenio Scalfari, conquistò addirittura un premio giornalistico. L’articolo che debellò la concorrenza degli altri reporter descriveva decapitazioni sommarie eseguite negli alberghi della capitale: il tono del racconto era duro, epico, denso di dettagli che rimandavano alla presa diretta degli eventi narrati.
Non tutti, però, applaudirono quel reportage. Tra i colleghi, anzi, serpeggiò il dubbio che quelle pagine andassero ascritte al genere della narrativa: belle al loro interno, ma frutto di un falso storico. Frutto cioè di decapitazioni mai capitate o, al massimo, occorse lontano, molto lontano, dai luoghi dove Guzzanti le aveva ambientate.
Le voci contro di allora sono finite recentemente nel retino di Gabriele Paradisi, industriale bolognese di origine romagnola, che, con pazienza e dedizione estranee al mondo redazionale, ha seguito per passione gli echi del passato, scovando vecchi articoli e telefonando ai protagonisti dell’epoca. La sua ricerca ha richiesto settimane, ma alla fine ha prodotto una storia alternativa a quella descritta da Guzzanti e premiata con il Premiolino.
Lo scoop e le indiscrezioni dell’imprenditore col vizio del blogging non sono finite né su Il Corriere della Sera, né sul New York Times. Solo nel suo blog, ma per il senatore della Repubblica che nella rete si firmava Guzz la pubblicazione su un micromedia è stato più che sufficiente a minacciare il ricorso alle vie legali. Il procedimento, tra ritrattazioni e avvicinamenti, è attualmente fermo, ma, nei post e nei commenti restano tutte le feroci parole che la vicenda ha prodotto. E, soprattutto, resta aperta la caccia alle nuove tracce, quelle che potrebbero dire davvero se era vera la storia scritta su Repubblica da Paolo Guzzanti o se invece è vera quella ricostruita da Gabriele Paradisi sul suo blog circa venti anni dopo.
Per chi vuole saperne di più, Paradisi ha riassunto tutta la vicenda in un post del suo blog “Cieli limpidi”. Il post si intitola Senador, periodista, di la verdad! Il giallo storico è servito: buona lettura...
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