giovedì, aprile 26, 2007

I tormenti del giovane ingegnere aerospaziale

I coccodrilli di acqua salata continuano a uccidere con statistica regolarita'. Le mosche dominano le ore del giorno. Le zanzare regnano nella notte. Le foreste di eucalipto si divertono a prendere in giro la tecnologia cellulare. E, a qualche centinaio di km da Darwin, frutta e verdura scompaiono dalle tavole. Nel top end dell'Australia la vita resta ancora una lotta per la sopravvivenza senza un vincitore charo.
Darwin, oggi, non e' certo piu' il pionieristico porto militare che fu pensato all'inizio. I grattacieli che ne dominano la baia, anzi, spingono a credere che un centinaio di anni siano stati sufficienti a trasformare una caserma in una Florida australe. Ma e' solo un'istantanea che scompare pochi Km dopo le ultime case di periferia. Li', lontano dall'aria condizionata, il clima regna ancora padrone e la stagione delle piogge inonda miglia di ettari per mesi e mesi. Il cosiddetto "wet" finisce ufficialmente a fine marzo, ma vaste aree, grandi ognuna come una nazione europea, restano inaccessibili fino a maggio, talvolta fino a giugno. In quelle terre manca l'uomo, ma spopolano centinaia di altre forme di vita: insetti di ogni genere, coccodrilli, serpenti e uccelli dai colori tropicali. Tra le specie piu' curiose c'e' il rock wallaby che sono anche riuscito a fotografare: e' cosi' riservato che gli etologi non sanno ancora quasi nulla del suo comportamento. E poi ci sono le magneto termiti, facilmente visibili perche', per sfuggire alle inondazioni stagionali, costruiscono massicce colonne che svettano per metri sopra le lagune o si mimitezzano tra i tronchi di eucalipto.

Quando l'umidita', gli insetti e le distanze concedono una tregua questa terra inospitale diventa un non-luogo confortevole per chiacchierate serali. Cosi', sotto un barlume di luce stellare e sopra il fruscio di una cascata, Federico ha proseguito il suo bilancio esistenziale. O, piu' semplicemente, il suo bilancio accademico. Al momento, la differenza tra i due e' flebile. Quella laurea in ingegneria aerospaziale al Politecnico di Milano si agita in lui indomita, come un vangelo laico a cui sia stata tributata un'eccessiva fedelta'. La religiosa pergamena e' materia recente. I volti di amici e parenti alla proclamazione sono ancora archiviti nella macchina fotografica. "Era il 21 dicembre", spiega lui indicando i cappelli da babbo natale nello schermo.

Dall'alto dei sui 25 anni, il ragazzo di Verona che ha studiato a Milano, lega a quella data un grosso rimpianto. Un leggero ritardo su un bando dell'Esa, l'Agenzia spaziale europea. "Sarebbe stato l'unico luogo dove avrei potuto fare cio' che volevo", lamenta.

Il suo risentimento traspare in gesti e parole. "Lo scopo di un'Universita', in fondo, non dovrebbe essere quello di produrre gente in grado di dare un contributo originale alla materia studiata? Non dovrebbe essere la palestra della creativita'? E invece, invece trascorri gli anni forse piu' creativi della tua vita senza alcun margine di liberta' per creare qualcosa di tuo".

Nel bilancio di questa liberta' rubata piove di tutto. Il pianoforte, abbandonato dopo dieci anni di studio. La letteratura, amata e relegata alla notte. Percorsi personali nella materia. E poi il sonno, perso lungo la via, come se spegnersi fosse una colpa imperdonabile lungo la crociata per la conoscenza.

"Questo viaggio - prosegue - doveva essere il riscatto delle mie velleita' artistiche, ma lasciamo perdere. Sono cosi' esausto che non riesco neppure piu' a scrivere una mail... E poi quando arrivi qui e ti confronti con la gente degli altri paesi, che e' piu' giovane di te, che ha gia' girato il mondo e che magari ha gia' laurea e dottorato, ti chiedi come sia possibile che tutto questo ti sia accaduto, come sia possibile che un'istituzione abbia preteso cosi' tanto e cosi' a lungo da te.
Non so Silvio, forse per te e' stato diverso. Ho sempre pensato che facolta' come la tua, in genere tutte quelle umanistiche, siano luoghi dove conta piu' quello che sei che quello che sai".
"Decisamente vero, ma il risultato non cambia poi molto. Quando capisci che un manuale di semiotia o un saggio di economia non rappresentano per te nulla di distintivo ne' a livello culturale ne' a livello professionale, la smania di andare oltre e costruiri percorsi paralleli ti invade divorando il tempo. A me quella smania arrivo' il quarto anno e in breve si materializzo' in fenesia, perche' come al solito mi sentii in ritardo. Mi sembrava di essere tornato agli inizi delle superiori, quando, sbarcato in "citta'" dal mio piccolo paese, mi trovai tra gente che aveva gia' studiato il latino e masticava gia' l'inglese. Come allora, ero di nuovo indietro. Nell'ambiente di Comunicazione, dove il test di ingresso aveva fatto filtrare solo eccellenti voti di maturita', c'era chi frequentava corsi di teatro, chi scriveva da anni in giornali di provincia e chi era gia' all'avanguardia con i codici del web. Io, invece, avevo solamente letto tonnellate di romanzi ottocenteschi, professionalmente irrilevanti, e macinato centinai di Km in bicicletta, quasi una colpa.
Fu uno shock e ci misi quasi due anni ad allinearmi agli altri e magari a superarne molti di slancio. Ci misi giusto il tempo per arenare la mente nella palude della tesi. Sono ancora orgoglioso delle 200 pagine che alla fine produssi e della catena di avvenimenti che ne e' conseguita, ma lo stesso il concepimento di quell'opera resta un buco nero a cui non mi piace guardare. Per orgoglio personale, per pressioni esterne contingenti, per spirito di emulazione, mi rifiutavo di limitarmi a qualcosa di interamente banale. Ma nel contempo ero vittima della passivita' che, come tu hai notato ancora piu' di me, l'universita' ti instilla per cinque lunghi anni. Ero ormai un metronomo nel riportare le teorie altrui, ma non avevo la benche' minima idea sul come partorine una mia: mi sembrava che nulla nella mia testa fosse sufficientemente originale per imbrattare la carta come presunta novita'. Fu il vuoto: passai giorni in camera senza leggere una riga, senza produrne alcuna, patendo ogni secondo di orologio come un anno buttato. E di secondi, ti assicuro, ne ho patiti molti, perche' li contavo tutti, senza dormire, senza fermarmi a tavola, senza uscire, senza pause se si eccettuano quelle che mi impose mia madre trascinandomi fuori di casa come uno zombi".
"E questo per quanto e' durato?".
"Forse tre mesi, forse un po' meno. Piu' tardi, l'inizio del lavoro statistico mi concentro' la mente su qualcosa che non fosse la mia inadeguatezza al ruolo e dopo mi trovai a scrivere, esausto ma di nuovo possibilista".
"Tre mesi, praticamente nulla. Tu non sai quello che vuol dire essere veramente sotto pressione. Perdere il sonno per continuare a pensare".
"Onestamente spero di continuare a no capirti. E credo anche che tu sia piuttosto grave e che sia tempo di recidere con quel passato".
"Ma non e' facile. Dopo sei anni passati come una crociata per ottenere un lavoro, non e' facile fermarsi qui e ignorare il tempo".
"Sai, forse sei venuto troppo presto. Avresti dovuto lavorare un po' prima di partire. Avresti sicuramente avuto un bagaglio di illusioni e speranze meno gravoso".
"Puo' darsi. E' il tuo caso? Disgustato dal lavoro?".
"Non e' la parola giusta. In piu' di un'occasione cio' che ho fatto e' stato anche piacevole. Considera pero' che, lavorando in un ambiente accademico, gli abusi di potere che tu hai sperimentato da studente cambiano forma, ma si protraggono, riducendoti spesso piu' a un esecutore di ordini non negoziabili che a un analista di una materia conosciuta. E poi c'e' il tempo. Dopo tre anni credo che qualsiasi contesto tradisca una certa ripetitivita'. Mi siedevo alle conferenze stampa e sapevo gia' cosa sarebbe stato detto e come l'avrei potuto scrivere. Urgeva una pausa e forse un break dal giornalismo nel suoi insieme, che, stando a indiscrezioni raccolte, tradisce un forte malessere anche in sfere piu' altolocate".
"Hai mai riflettuto su cosa vorresti scrivere tu?".
"Di preciso non mi e' chiaro. So solo che mi entusiasmano di piu' le piccole porzioni di storia dagli esiti imprevedibili che le grandi questioni dove alla fine l'esito e' scontato. Ti sembra comparabile il fascino di un algerino abbandonato dalla moglie a Sydney con il fascino di qualsiasi ministro che ribadisce la necessita' della ricerca. Ed eppure, di cento giornali che aprirai, cento riporteranno il corsivo del ministro, che a quel punto sembrera' davvero una persona dotata di potere, e nessuno lascera' mai lo spazio al resto".

Copiosi richiami letterari e sterminate distese di eucalipti hanno fatto da sfondo a questi discorsi, sempre a meta' tra il passato italiano e il presente australiano. Il loro fluire aveva un certo alone artistico. Non per la qualita' delle riflessioni prodotte - quelle possono essere anche banali e di scarso interesse -, ma per il contesto in cui si alimentavano. In quel frangente avevamo un grado di liberta' insolito. Senza identita' passate troppo forti, senza traguardi futuri troppo nitidi, senza impellenze materiali veramente pressanti, senza legami personali veramente sedimentati, e senza i rituali quotidiani di una vita sanziale, la vita era pura creazione del momento. Appunto, vagamente artistica.

Il confronto, tra lunghi spostamenti e nuotate fluviali, e' proseguito sino all'aeroporto di Darwin, dove l'ingegnere ha preso il primo volo sulla rotta per la Nuova Zelanda. "Silvio - mi ha detto scherzando Federico - trova la via di casa prima o poi, che in questo paese ti stai trovando troppo bene".
"D'accordo, ma tu vedi di non ritrovarla troppo presto!".
"Si' ma se poi questa cosa mi iniziasse a piacere troppo?".

9 commenti:

Anonimo ha detto...

"So solo che mi entusiasmano di piu' le piccole porzioni di storia dagli esiti imprevedibili che le grandi questioni dove alla fine l'esito e' scontato".
Allora Silvio qualcuno ha scritto qualcosa anche per te:
"Quando bene hai ascoltato tutta la conoscenza del mondo, il meglio che ti può capitare è di dimenticartene.
Quando bene hai visto tutte le meraviglie del creato, il meglio che ti può capitare è di ricordartene.
Ma quando hai fatto anche la più piccola delle cose, allora hai veramente cominciato a capire la vita."

Anonimo ha detto...

Quello che sei o quello che sai?
L'essere o l'avere?
La strada per l'Essere non è nè piana, nè in declivio, nè in facile discesa; normalmente è accidentata e in salita.
Per l'Avere la faccenda è talmente praticata da tutti che non avrete problemi a trovare un esperto in materia (fallimenti compresi).
Buon proseguimento caro Silvio!

Anonimo ha detto...

Aggiungo:
Nella strada dell"ESSERE"

silviomini ha detto...

La prima citazione e' intrisa di un'aurea evangelica e la seconda da un certo eco buddista. Considerato che il protagonista del Vangelo e' stato crocifisso e che i buddisti per lo piu' soffrono fame e giochi politici, non so quanto queste citazioni siano ben auguranti :-)

Scherzi a parte, grazie per questa partecipazione, a cui andrebbero aggiunti gli interessamenti privatamente inviati per posta elettronica. Raccogliendoli ne viene fuori un campionario piacevolmente variegato.

C'e' chi invita a riflettere attentamente sulla mia prossima mossa, chi invita a riflettere in senso lato, e chi invece invita ad abbandonarsi all'istinto. C'e' chi propone progetti in altre parti remote del globo, e chi invece sottolinea con malcelato disagio la lontananza di questa terra, a prescindere da quello che ci faccio sopra. C'e' poi anche chi mi ha voluto piu' "bene" del previsto e mi applaudirevve anche se fossi in procinto di costruirmi un harem con cui divertirmi in maniera diversa ogni giorno.

A prescindere dal partito preso, grazie a tutti per l'interesse tributato. E' sicuramente piu' di quanto, per contingenze del caso e - ammettiamolo - per edonistico egoismo, abbia tributato io in cambio.

Thanks and see you!

Anonimo ha detto...

we da dv vieni anke io sn italiana...

Anonimo ha detto...

rispondimi ti prego!

Anonimo ha detto...

silvioooooo!!!!!!!!!!!!!
Complimenti davvero.
firmato:
ti ricordi del cuginetto di edone...
per caso i seguenti indizi ti portano a rimembrar......?:
-orgettamarillevapolacchine-

ciao!

silviomini ha detto...

Ah giacomo!!! E secondo te mi potrei dimenticare della settimana bianca di Marilleva. Neanche sulla luna potrei condensare tanta pazzia in soli sette giorni!

Anonimo ha detto...

GRANDISSIMO!
VORRESTI QUALCHE FOTO PER RIMEMBRAR I BEI TEMPI ... O SILVIO ...?
give me your e.mail!