venerdì, giugno 30, 2006

Gnomotracce letterarie

Per tutti gli estimatori degli gnomi di Campigna, riporto una brano del racconto di Luciano Foglietta “I cappelletti del folletto”, inserito nella raccolta All’ombra del Falterona (Marzocchi editrice, 2000):

Copertina del libro di Luciano Foglietta All'ombra del FalteronaSi sa che, spesso, la fede scende a compromessi con la superstizione. Tra le credenze poco ortodosse c’era (e c’è ancora adesso in Romagna) quella dei folletti, i mazapegul. Sono spiritelli quanto mai dispotici anche se allegri. Sono esseri che vagano tra cielo e terra come anime sfuggite al limbo. Tornerebbero sulla terra, da dove sono partiti senza la grazia del battesimo ma anche senza la condanna del peccato mortale. Essi vengono rappresentati come nanerottoli, una specie di gnomi vestiti di rosso e sempre col berrettino a cuffia dello stesso colore ben piantato sul capo. Le loro burle, le loro mattane sono infinite. Prediligono stalle e cucine e, essendo anche molto impudichi, la camera da letto dove dormono belle ragazze vergini. Si sa, infatti, di folletti follemente innamorati.

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Gnomotracce interne al blog:
La Madonna del freezer, la fata della cassapanca e il diavolo dello scantinato

giovedì, giugno 29, 2006

Zanzaretum e Tafanetum

Dopo l’escursione di venerdì e sabato propongo - credo con l’avvallo degli illustri naturalisti che erano con me – di avanzare una nuova classificazione delle fasce vegetazionali. La tradizionale classificazione dei forestali - Lauretum, Castanetum, Fagetum, Picetum e Alpinetum – trascura fondamentali aspetti riguardanti le rispettive popolazioni animali. Questo è fortemente contro intuitivo: l’uomo comune infatti può facilmente confondere il fogliame, ma difficilmente può ignorare la puntura dell’insetto. Stando ai rilevamenti bubbonici effettuati sulla mia cute al termine dell'escursione, proporrei dunque di procedere con un’aggregazione e una rinomenclatura delle fasce vegetazionali.

Immagine panoramica della valle dell'Ozola e del suo ZanzaretumA Castanetum e Fagetum sostituirei lo Zanzaretum.
Questo renderebbe giustizia alla florida popolazione di zanzare-orso che popola in maniera massiccia le faggete tra i 1100 e i 1700 m.




Il crinale a ovest del Monte Prado. Zona tipica del TafanetumAl limite superiore della faggeta, laddove i forestali collocano il Picetum, farei invece seguire il Tafanetum.
Il nuovo nome descriverebbe in maniera sintetica il prezioso equilibro ecologico che si costituisce tra una ristretta popolazione di piccole piantine pioniere e una nutrita rappresentanza di tafani pungitori infetti.




Trekker vittima degli insetti dopo l'attraversamento di zanzaretum e tafanetumL'avanzata dello Zanzaretum e del Tafanetum si sta configurando come un'emergenza per le popolazioni locali e i viandanti dell'appennino tosco-emiliano che separa la provincia di Reggio Emilia da quella di Lucca. Sabato, per esempio, nei pressi di Ligonchio sono state avvistate le prime vittime della "gnuite" la patologia che insorge totalizzando 10 o più becchi di zanzara o tafano nell'arco delle 24 ore. A lato un'immagine gentilmente inviata da Cristina Salvigni per documentare il dramma consumato dai trekker.

giovedì, giugno 22, 2006

Voci da Algeri 4
Ministra Toumi: “Il dialogo dell’Occidente con il resto del mondo è un monologo”

Khalida ToumiNon tutti gli algerini la amano. Vecchie compagne di militanza e vecchi compagni di partito usano nei suoi confronti toni sarcastici: “Cosa ha combinato questa volta la rossa?”, chiedono. La accusano di aver tradito le lotte femministe e democratiche per compromettersi con un potere illiberale e conservatore. Però parlano di lei. Lei, Khalida Toumi, Ministra della cultura algerina dal 2002, è infatti una figura nota, popolare, un soggetto politico al centro di molte frasi, sulla stampa, nei salotti della cultura e nelle conversazioni informali. La conoscono anche i bambini: mentre rincorrono un pallone su una piazza che domina la baia di Algeri, riconoscono un profilo familiare e subito chiedono se quel profilo è la loro Ministra (uazira).

E lei ricambia l’attenzione offrendosi spesso al pubblico. E’ da poco rientrata da Annaba, all’estremo est del paese, dove ha festeggiato l’apertura di strutture di accoglienza per le vecchie combattenti della guerra di liberazione con il Ministro dei mujahiddin, è presente a molte iniziative settoriali in giro per le diverse regioni del paese, partecipa ad emissioni televisive e radiofoniche nazionali. E, mentre ci parla, si interrompe per rispondere a una telefonata del Ministro dell’educazione in merito ad alcune iniziative congiunte per avvicinare i bambini ai libri e alla lettura, compreso un nuovo premio riservato al miglior piccolo lettore.

Panoramica di Algeri dalla Scuola di Belle ArtiCome Ministra della cultura le sue attenzioni sono calamitate da alcune emergenze del settore, tra i più colpiti dal decennio del terrorismo: in centro città è ancora coperto di polvere il palazzo che dovrebbe ospitare nel 2007 il primo museo algerino d'arte moderna e contemporanea; poco lontano, nella Scuola di Belle Arti, resta da sanare una difficile frattura tra studenti, docenti e amministrazione. Come per rispondere ai suoi detrattori, le sue riflessioni vanno però ad altre questioni: prima fra tutte, la distinzione tra laicità e femminismo. “Essere laici – dice – non significa automaticamente difendere i diritti delle donne”.

“Ne sono convinta per evidenza storica – spiega la Ministra Toumi-. Ad esempio la vostra storia, la storia dell’Europa, è ricca di rivendicazioni a carattere laico che hanno avvallato e praticato l’oppressione delle donne. Il caso più evidente è la rivoluzione francese. I rivoluzionari negarono violentemente l’accesso al potere politico alle donne, che pure avevano partecipato alla rivoluzione. Olimpia De Gouges redasse la “dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” (luglio 1790) ispirandosi alla “dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” del 1789, scrisse che se la donna ha il diritto di salire sulla forca deve avere anche quello di salire alla tribuna: fu ghigliottinata due anni dopo. Le donne potevano dunque essere combattenti della rivoluzione, ma non cittadine della Repubblica. Non fu che l’inizio di più di un secolo di soprusi perpetrati dai laici ai danni delle donne, perché anche quando la Francia varò la famosa riforma di una scuola laica, nel 1905, i diritti di cittadinanza delle donne tardarono molto a essere riconosciuti; esse ottennero il diritto di voto solo nel 1944, dopo aspre polemiche.

Sono poi convinta che laicismo e femminismo procedano su binari indipendenti per quanto è accaduto nella storia della nostra religione. All’origine dell’Islam, le donne hanno avuto un trattamento eccezionale. Aicha, una delle mogli del profeta, è stata protagonista di un’incessante battaglia per l’accesso delle donne alle sfere più alte del potere. Quando l’Europa viveva i suoi “secoli bui”, Aicha guidava un esercito”. La ricercatrice e scrittrice marocchina Fatima Mernissi ha molto ben documentato e raccontato, a mio parere, il ruolo politico di primo piano delle donne all’inizio dell’Islam.

A partire da questa solida convinzione che la storia della liberazione delle donne sia distinta dalla lotta per la laicità, che obiettivi si è posti una volta giunta ai vertici politici dell’Algeria?
“Mi sono chiesta cosa potevo fare per migliorare la condizione delle donne. Di fronte avevo il codice della famiglia da riformare e due opzioni tra cui scegliere. La prima era la rivendicazione di una legge civile, senza alcun compromesso. Se avessi perseverato in quel senso, sarei stata una donna che tradiva le altre donne in omaggio a un partito laico. Ho così scelto di stare dalla parte delle donne e di vedere quello che potevo fare per loro in questa congiuntura storica, mettendo in second’ordine le esigenze del partito laico, perché – sia chiaro – io non sono la donna di servizio di nessun partito laico”.

Il risultato?
“Le trasformazioni a cui ho contribuito in questi anni rimangono confinate all’interno di un codice a ispirazione religiosa, di un codice ispirato all’Islam, ma la condizione della donna è migliorata. Il codice della famiglia e il codice della nazionalità adottati nel marzo 2005 sono molto lontani da quelli in vigore prima. Oggi non è più consentito buttare una donna per strada dopo il divorzio. Oggi le madri hanno potestà sui figli allo stesso titolo dei padri. L’obbligo di obbedienza al marito è stato soppresso, marito e moglie hanno gli stessi obblighi reciproci. La poligamia è diventata praticamente impossibile. Il codice della nazionalità è stato rivoluzionato, è riconosciuta la nazionalità algerina d’origine per filiazione materna in caso di unione con non algerini e, d’altra parte, è possibile acquisire la nazionalità in seguito a matrimonio sia con un algerino che con un’algerina.”

Scendendo a compromessi con la politica per tutelare i diritti delle donne ha dovuto moderare i toni e smussare le sue posizioni rispetto alla stagione di militanza?
“Sono stata militante per difendere più di un’idea. Ho militato per la democrazia, un sistema di governo, il migliore al momento, ma anche molto fragile, come ben sapete voi italiani. Ho militato per i diritti delle donne. Ho militato per cambiare il sistema educativo. E ho lottato per arginare lo strapotere del mercato e garantire una gestione sociale della scuola, della cultura e della sanità.
Un giorno il partito in cui militavo ha deciso di fare un patto con l’esercito e operare un colpo di stato. Sono stata contraria e sono stata espulsa. Ed ero in questa condizione quando mi è stato proposto l’incarico di Ministra. Sapevo che sarei entrata in un governo misto e che avrei dovuto lottare e soffrire, ma ho preferito il compromesso con il governo per tentare di cambiare le cose alla militanza in un partito laico favorevole al colpo di stato militare e rinchiuso nella sua politica da salotto.
Ora, se mi si chiede se sono riuscita a cambiare le cose, dico di nuovo che la condizione delle donne è migliorata e che, assieme al Ministro dell’educazione che mi ha appena interpellata, sto cercando di portare la cultura nelle scuole e di aprire gli orizzonti dei bambini algerini. Ci vorranno forse vent’anni , ma io ho fiducia nel mio popolo”.

La sua posizione contrasta con lo scetticismo della comunità internazionale che continua a nutrire dubbi sulla democraticità dello Stato algerino e del governo di cui lei fa parte...“Se in qualsiasi governo europeo entrano delle donne, la comunità internazionale applaude per la maturazione del sistema democratico. Se invece una donna entra nel governo di un paese arabo, la comunità internazionale manifesta solo dubbi.
Questa è sintomo di uno strisciante razzismo. E di disprezzo. E’ una concezione del mondo secondo la quale le donne del mondo arabo sarebbero per forza di cose sottomesse. La stessa concezione secondo la quale spetta ad alcuni stati occidentali e ai loro establishment politici, economici e intellettuali decidere della bontà o meno delle scelte e dell’operato del resto del mondo. L’Occidente si arroga il diritto di definire tutto e di distribuire certificati di qualità politica e intellettuale, in una dinamica autoreferenziale che trasforma di fatto il dialogo in monologo. Questo – lo ripeto – si chiama razzismo”.

(version fracaise)

Voci da Algeri (3)
Abdelkader Bouazzara, il Maestro che iniziò a suonare con fili da pesca e barattoli d’olio


Voci da Algeri (2)
"In paradiso ne vedremo delle belle". Parola di focolarina


Voci da Algeri (1)
Se il David di Michelangelo si potesse muovere avrebbe già lanciato la sua pietra contro qualcuno

domenica, giugno 18, 2006

Una pennellata di rosa e di reggae sulla homepage di Unibo

Giovedì la nuova homepage del portale Unibo ha finalmente visto la luce. Per completare la messa online mancava un solo (ma visibilissimo) particolare: la foto per l’editoriale che saluta l’utente in alto a destra.

Mancava qualcosa da far vedere e dentro ci voleva dunque qualcuno abile nel saper apparire. All’interno dell'ufficio, nessuno sa apparire meglio del Pink Team formato dalla coppia romano-sicula Arianna-Viviana. E così la scelta è andata subito a loro, a cui il capo, Luca, lo scorso 16 febbraio aveva scritto: “Siate proattive, intraprendenti, naturali, killer. Insomma PINK!”.

E tra le pink angels, per la prima volta davanti agli obiettivi, anche il celeberrimo Dj reggae Vittorio.

Qui in anteprima, tutti gli scatti del casting fotografico che ha portato al risultato finale attualmente visibile sul portale www.unibo.it:

Working
Le pinkies e Dj V.
Downside
Le pinkies e Dj V.
Upside
Le pinkies e Dj V.
Rightside
Le pinkies e Dj V.
Pink portrait
Arianna Silvetti, leader del pink team
Infinitive
Le pinkies e Dj V.
On the road
Le pinkies e Dj V.

mercoledì, giugno 14, 2006

Voci da Algeri (3)
Abdelkader Bouazzara, il Maestro che iniziò a suonare con fili da pesca e barattoli d’olio

Abdelkader BouazzaraI suoi famigliari erano i proprietari della prima scuderia d’Algeri. Da bambino Abdelkader passava lì le sue ore di libertà, osservando le corse dei cavalli e curiosando nei box dove gli animali andavano a risposare. E proprio lì iniziò a produrre musica. Legò vecchi fili di pesca a vecchi barattoli d’olio e, con quella sorta di mandolino improvvisato, modulò le prime note. Di lì a poco, a soli dieci anni, Adelkader entrò al conservatorio, muovendo i primi passi lungo la strada che l’avrebbe fatto diventare l’attuale Maestro Bouazzara, direttore amministrativo e artistico e violinista dell’orchestra sinfonica nazionale d’Algeria.

Dotato di temperamento mediterraneo e di dedizione nordica, Bouazzara ha alle spalle una famiglia di poeti: “Ho un cugino – racconta – che è un archivio vivente della poesia del sud algerino. Può andare avanti quattro ore recitando rime legate alla fatica dei lavori agricoli, alla lotta per l’indipendenza, all’eroismo e al recupero della dignità perduta”.

Ad avviarlo alla musica, però, non fu il cugino ma il fratello maggiore, nato nel ’49, e diplomato in recitazione teatrale. Fu lui a spingere il giovanissimo Abdelkader verso il conservatorio: “Quando arrivai al test psico-attitudinale – ricorda Bouazzara – per me la vera musica era solo il canto. La voce era il mio unico vero strumento”. Il destino lo dirottò invece verso il violino, strumento in onore del quale rinunciò anche alla sua passione per il basket (“bisognava proteggere le mani”).

Un sacrificio ricompensato con una lunga trasferta all’estero. Cinque anni – dal 1984 al 1988 – a Kiev per un corso di perfezionamento. Ammiccando il maestro ricorda le attraenti donne internazionali del luogo, che però non riuscirono a distrarlo dalla musica: “Ero uno studente serio – dice – e fui scelto per guidare il gruppo dei 230 studenti algerini presenti in città. Fu una bella esperienza e conservo dei bei ricordi dei miei contatti con l’Ambasciatare per organizzare le manifestazioni in occasione delle date più importanti del nostro paese: il 1 novembre, anniversario dell’inizio della guerra di liberazione, e il 5 luglio, festa dell’indipendenza”.

La Baia d'Algeri vista dal Bastione 23, il palazzo Turco dove ha sede la Direzione dell'Orchestra sinfonica nazionale d'AlgeriTornato in Algeria, Bouazzara iniziò ad insegnare all’istituto superiore dei dirigenti del settore della gioventù e dello sport (dove rimase 10 anni) e più tardi si impegnò perché la musica sinfonica sopravvivesse anche negli anni più bui del terrorismo, quando i musicisti erano diventati dei bersagli e nascondevano i loro strumenti per recarsi alle prove (e i genitori ritiravano i figli dai conservatori). “Algeri sinfonica” fu il nome dell’ensemble con cui ravvivò la capitale dal 1992 al 1995. “Volevamo preservare l’utilizzo degli strumenti”, afferma citando anche gli amici stranieri che lo aiutarono: un pianista svizzero, un violoncellista russo e un violoncellista tedesco.

Responsabile dell’orchestra sinfonica nazionale dal 2001, Bouazzara considera positivo il bilancio di questi anni. Nonostante le risorse ridotte, la mancanza di una sala concerti propria e i traumi della storia recente che hanno avuto ricadute negative sulla formazione dei giovani, l’orchestra sinfonica nazionale ha saputo ricreare un gruppo di alcune decine di musicisti, rilanciare l’attività musicale, arricchire il proprio repertorio e tessere rapporti di collaborazione con maestri e musicisti stranieri. Anche italiani: dal 2003, sono stati cinque i concerti preparati con (e diretti da) il maestro Cammarota del Conservatorio di Santa Cecilia di Roma il quale ha portato ogni volta con sé un gruppo di musicisti italiani che hanno integrato l’orchestra algerina. In previsione c’è anche un altro concerto italo-algerino, ma questa volta con una donna a dirigere l’orchestra. Oggi l’orchestra si esibisce in media due volte al mese, organizzando anche piccole tournées nelle varie regioni del paese e presto inaugurerà anche i nuovi strumenti regalati dalla cooperazione giapponese e destinati soprattutto ai giovani talenti.

Il tempo corre via frenetico tra una data e l’altra, ma senza mai sottrarre lo spazio all’insegnamento della musica. Bouazzara ha ancora vivido il ricordo del Maestro russo Gadjev, che, negli anni trascorsi in Algeria, è stato colui che gli ha insegnato a insegnare. Adesso invece è Bouazzara nel ruolo di maestro, al conservatorio e all’istituto superiore di musica: “Non sono un virtuoso del violino, ma penso di essere un buon insegnante e di saper trasmettere la passione per la musica universale. Molti di coloro che insegnano musica nel paese – conclude il maestro – sono stati miei allievi”.

Voci da Algeri (2)
"In paradiso ne vedremo delle belle". Parola di focolarina


Voci da Algeri (1)
Se il David di Michelangelo si potesse muovere avrebbe già lanciato la sua pietra contro qualcuno

martedì, giugno 13, 2006

Il castello dei destini incrociati

Il podere Il castelloHo appena lasciato alle spalle le prime pagine de Il castello dei destini incrociati. E’ una raccolta di racconti scritta da Italo Calvino giocando con le carte e con le loro potenzialità narrative. Per scrivere, l’autore disponeva le carte, guardava i personaggi che rappresentavano e poi si divertiva a tessere le trame in grado di unirli.

Sabato nel podere di fronte alla Diga di Ridracoli non c’erano le carte usate da Calvino, ma anche lì i destini si sono sorprendentemente incrociati. Come in una divina scrittura, infatti, una volpe e un allocco hanno fatto visita alla nostra casa, comportandosi come i personaggi di una storia. Quella che per giorni ci aveva raccontato una nostra compagna citando versi da lei autografati con lo pseudonimo di “Passera Felice”. Versi dedicati dall’autrice a una storia sofferta, vera e biografica, versi in cui una penna volpina ha condannato alla vergogna il tradimento di un amante allocco.


A chi la intende,

La storia della volpe e dell’allocco (omaggio a Passera Felice)

Al nostro arrivo sabato sera, l’allocco era chiuso nelle mura del podere. Era rimasto intrappolato all’interno, lì doveva aveva cercato un’alcova più calda e bella. Era rimasto solo, tradito dal suo desiderio. La fuga era riuscita a chi era con lui, ma non a lui. Giorni di solitudine l’avevano reso ormai debole e impaurito, e, anche una volta libero, è volato via sciancato e visibilmente invecchiato. Dove? “Poco lontano”, ha detto qualcuno.

Briciola, la volpe di RidracoliLa volpe invece era fuori. E’ arrivata da noi liberamente e sfacciatamente. Ha fiutato la festa e senza pudori vi ha preso parte. Ha mangiato, ha socializzato e poi ha ripreso da sola la via della foresta per godere altrove della sua immensa compagnia. A pancia piena si è infine allantanata, pensando al tragico destino dell’allocco, suo vecchio amante: “Che scempio della natura”, ha pensato con rabbia meditando sulla giusta punizione di quell’uccello che volava senza cervello.

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Nota: Scusate la parentesi onirica che non tutti capiranno, ma il gioco di incroci era troppo intrigante per non essere tentato. Due animali rari che si presentano in una solo sera e si comportano come protagonisti di una storia già nota e che incrociano i loro destini in un podere di nome Il castello come se fossero figure de Il castello dei destini incrociati

lunedì, giugno 05, 2006

Lettera ai nati degli Anni 70 e 80

Mi è arrivato un messaggio di posta elettronica di quelli che rimbalzano all’impazzata di casella in casella. Si intitola “Nostalgia” e in effetti trasuda qua e là un po’ di retorica, richiamando le più drammatiche canzoni degli 883. Però devo dire che, tra il serio e il faceto, tra il sobrio e l’andante, mi è capitato già più di una volta di condividere simili considerazioni da vecchiaia anticipata. Quindi pubblico il testo e largo alla poetica del tempo perduto.

Nostalgia!

Lo scopo di questa missiva è quello di rendere giustizia a una generazione, quella di noi nati agli inizi degli anni '70 e '80 (anno più, anno meno), quelli che vedono la casa acquistata allora dai nostri genitori valere oggi 20 o 30 volte tanto, e che pagheranno la propria fino ai 50 anni.

Noi non abbiamo fatto la Guerra, né abbiamo visto lo sbarco sulla luna, non abbiamo vissuto gli anni di piombo, né abbiamo votato il referendum per l'aborto e la nostra memoria storica comincia coi Mondiali di Italia '90. Per non aver vissuto direttamente il '68 ci dicono che non abbiamo ideali, mentre ne sappiamo di politica più di quanto credono e più di quanto sapranno mai i nostri fratelli minori e discendenti.

Babbo Natale non sempre ci portava ciò che chiedevamo, però ci sentivamo dire, e lo sentiamo ancora, che abbiamo avuto tutto, nonostante quelli che sono venuti dopo di noi sì che hanno avuto tutto, e nessuno glielo dice. Siamo l'ultima generazione che ha imparato a giocare con le biglie, a saltare la corda, a giocare a ce l'hai, a un-due-tre-stella, e allo stesso tempo i primi ad aver giocato coi videogiochi, ad essere andati ai parchi di divertimento o aver visto i cartoni animati a colori.

Abbiamo indossato pantaloni a campana, a sigaretta, a zampa di elefante e con la cucitura storta; la nostra prima tuta è stata blu con bande bianche sulle maniche e le nostre prime scarpe da ginnastica di marca le abbiamo avute dopo i 10 anni.

Andavamo a scuola quando il 1 novembre era il giorno dei Santi e non Halloween, quando ancora si veniva bocciati, siamo stai gli ultimi a fare la Maturità e i pionieri del 3+2.

Siamo stati etichettati come Generazione X e abbiamo dovuto sorbirci Sentieri e i Visitors, Twin Peaks e Beverly Hills (ti piacquero allora, vai a rivederli adesso, vedrai che delusione). Abbiamo pianto per Candy-Candy, ci siamo innamorate dei fratelli di Georgie, abbiamo riso con Spank, ballato con Heather Parisi, cantato con Cristina D'Avena e imparato la mitologia greca con Pollon. Siamo una generazione che ha visto Maradona fare campagne contro la droga.

Siamo i primi ad essere entrati nel mondo del lavoro come Co.Co.Co. e quelli per cui non gli costa niente licenziarci. Ci ricordano sempre fatti accaduti prima che nascessimo, come se non avessimo vissuto nessun avvenimento storico.

Abbiamo imparato che cos'è il terrorismo, abbiamo visto cadere il muro di Berlino, e Clinton avere relazioni improprie con la segretaria nella Stanza Ovale; siamo state le più giovani vittime di Cernobyl; quelli della nostra generazione l'hanno fatta la guerra (Kosovo, Afghanistan, Iraq, ecc.); abbiamo gridato “No Nato, fuori le basi dall'Italia”, senza sapere molto bene cosa significasse, per poi capirlo di colpo un 11 di settembre.

Abbiamo imparato a programmare un videoregistratore prima di chiunque altro, abbiamo giocato a Pac-Man, odiamo Bill Gates e credevamo che internet sarebbe stato un mondo libero.

Siamo la generazione di Bim Bum Bam, di Clementina-e-il-Piccolo-Mugnaio-Bianco e del Drive-in. Siamo la generazione che andò al cinema a vedere i film di Bud Spencer e Terence Hill. Quelli cresciuti ascoltando gli Europe e Nik Kamen, e gli ultimi a usare dei gettoni del telefono. Ci siamo emozionati con Superman, ET o Alla Ricerca dell'Arca Perduta. Bevevamo il Billy e mangiavamo le Big Bubble, ma neanche le Hubba Bubba erano male; al supermercato le cassiere ci davano le caramelline di Zucchero come resto. Siamo la generazione di Crystal Ball ("con Crystal Ball ci puoi giocare."), delle sorprese del Mulino Bianco, dei mattoncini Lego a forma di mattoncino, dei Puffi, i Volutrons, Magnum P.I., Holly e Benji, Mimì Ayuara,l'Incredibile Hulk, Poochie, Yattaman, Iridella, He-Man, Lamù, Creamy, Kiss Me Licia, i Barbapapà, i Mini-Pony, le Micro-Machine, Big Jim e la casa di Barbie di cartone ma con l'ascensore. La generazione che ancora si chiede se Mila e Shiro alla fine vanno insieme.

La generazione che non ricorda l'Italia Mondiale '82, e che ci viene un riso smorzato quando ci vogliono dare a bere che l'Italia di quest'anno è la favorita.

L'ultima generazione a vedere il proprio padre caricare il portapacchi della macchina all'inverosimile per andare in vacanza 15 giorni. L'ultima generazione degli spinelli. Guardandoci indietro è difficile credere che siamo ancora vivi: viaggiavamo in macchina senza cinture, senza seggiolini speciali e senza air-bag; facevamo viaggi di 10-12 ore e non soffrivamo di sindrome da classe turista. Non avevamo porte con protezioni, armadi o flaconi di medicinali con chiusure a prova di bambino. Andavamo in bicicletta senza casco né protezioni per le ginocchia o i gomiti. Le altalene erano di ferro con gli spigoli vivi e il gioco delle penitenze era bestiale.

Non c'erano i cellulari. Andavamo a scuola carichi di libri e quaderni, tutti infilati in una cartella che raramente aveva gli spallacci imbottiti, e tanto meno le rotelle!! Mangiavamo dolci e bevevamo bibite, ma non eravamo obesi. Al limite uno era grasso e fine. Ci attaccavamo alla stessa bottiglia per bere e nessuno si è mai infettato. Ci trasmettevamo solo i pidocchi a scuola, cosa che le nostre madri sistemavamo lavandoci la testa con l'aceto.

Non avevamo Playstation, Nintendo 64, videogiochi, 99 canali televisivi, dolby-surround, cellulari, computer e Internet, però ce la spassavamo tirandoci gavettoni e rotolandoci per terra tirando su di tutto; bevevamo l'acqua direttamente dalle fontane dei parchi, acqua non imbottigliata, che bevevano anche i cani! E le ragazze si intortavano inseguendole per toccar loro il sedere e giocando al gioco della bottiglia o a quello della verità, non in una chat dicendo :) :D :P ;) sn tt thx tvtb

Abbiamo avuto libertà, fallimenti, successi e responsabilità e abbiamo imparato a crescere con tutto ciò.

Tu sei uno di nostri? Congratulazioni! Diffondi questo messaggio a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di crescere come bambini.

domenica, giugno 04, 2006

Punte Alberete in delirio per la nutria

La nutria in mezzo al pubblico di Punte AlberetePunte Alberete (Ra) - L’avevamo invocata e lei ha risposto all'appello. Era lontano tra le canne, appena visibile con il binocolo. Ha iniziato a nuotare, ha attraversato la palude mulinando con la sua coda e alla fine ha toccato riva. Si è mossa a sinistra, si è nascosta, è uscita di scena: nessuna traccia di lei neppure scrutando il canneto impilati come ginnasti per gettare lo sguardo al di là delle barriere.

Lei non c’era. Non era lì perché era già sotto di noi. E’ tranquillamente passata sotto il casotto dove stormi di turisti colti facevano bird whatching e si è prestata al flash dei fotografi suoi estimatori. Ha mostrato i dentoni rossi, ha sorriso, ha accennato uno scodinzolio e alla fine ha brucato un po’ per aspettare che si radunassero anche i fans più ritardatari. Non ha voluto rilasciare dichiarazioni ma ha lasciato intendere un'apertura al dialogo anche verso coloro che la definiscono un "topone" e una specie "aliena".

La nutriaConcluso l'intervento in pubblico, ha ripreso la via dell’acqua.

Alla prossima nutria: stessa palude, stesso capanno.

Firmato: National Nutria-Geographic Corporation