Online da Algeri, per la prima volta dopo quattro giorni di maratona tra le famiglie (in senso lato) della città e delle montagne della Cabilia. Ho stretto le mani a baristi, farmacisti, edicolanti, focolarine, matrone, carrozzieri e librai. E tra l'uno e l'altro strade, angoli, piazzette, moschee, terrazze e picchi dolomitici. Persone e luoghi sono entrati come un fiume in piena. Non ho ancora toccato la tastiera, ho solo qualche appunto scritto e una bella dose di confusione nella testa, ma per ora va bene anche così: spero poi che, una volta completata la frase numero uno, tutti i pensieri ingurgitati caoticamente negli ultimi quattro giorni trovino la calma per uscire ordinatamente, paragrafo dopo paragrafo come si addice a ogni storia piacevole da raccontare.
Comunque non è questo il momento di pensare alle trame. Ci sono ancora altri personaggi e scenografie da immortalare. Pranzi e cene dei prossimi giorni si stanno già riempiendo di altri voci da ascoltare in contesti da catturare. Decisamente troppo in fretta per penna e block notes, ma a frequenza ottimale per la macchina fotografica. I click si succedono rapidi equamente distribuiti tra volti e paesaggi e le prospettive, grazie a quel formidabile biglietto da visita vivente che è mia sorella, sono quasi sempre privilegiate. La baia di Algeri di notte dalla terrazza di uno degli hotel di lusso della capitale, e i volti dei cabili immortalati dalla distanza di una stretta di mano.
Rimpiango un po' la quotidianità degli appunti nepalesi e la discreta periodicità di quelli spagnoli, ma, essendo diverso lo spirito della trasferta, è forse scontato che si differenzi anche il modo di raccontarla. Con uno stile meno continuo e personale, ma più dettagliato e localizzato. E con dei contenuti nei quali, sempre grazie alla mediazione di mia sorella, troverà meno spazio lo stupore per la "diversità" ma più spazio la spiegazione della "complessità".
Non so, dopo questo fugace intervento, quanto presto ritornerò al blog in diretta da Algeri. Oltre alla limitatezza dei tempi c'è anche un ostacolo linguistico. Nei cyber caffè locali è in uso la tastiera arabofona e scrivere diventa un'impresa. Maturato un tentativo fallimentare due sere fa, questa volta sono dunque tornato all'attacco con una strategia più articolata. Ho scritto nel portatile di casa, copiato il file nella chiavetta Usb e incollato il testo dal Pc del cyber cafè. Se state leggendo, vuol dre che è filato tutto liscio, ma potete capire che la procedura richiede un certo sbattimento. E nei prossimi giorni dubito di avere modo di poterlo sopportare. Come anticipato, pranzi e cene mi si stanno riempiendo di nuovi incontri e, dopo la trasferta in auto delle ultime 48 ore, mi aspetta quella in aereo verso Annabah. Dalle montagne a 200 Km a Est di Algeri, passerò dunque alle lagune prossime ai confini con la Tunisia. Lì - l'ho appena scoperto - si nascondono famosi artigiani della pipa. Come potrei tornare indietro senza averne conosciuto, ascoltato e fotografato uno?
Ora scappo. Ieri sera ho scritto queste poche righe molto tardi, mi sono svegliato relativamente tardi e adesso, prima di salire nella parte alta della città per visitare il primo museo della mia trasferta, mi rimane poco tempo per stampare alcune delle foto scattate negli ultimi giorni. Ne devo dare una ciacuno ai dieci bimbi che giocavano a calcio in una piazzetta sulla baia, una ai baristi della caffetteria di mia sorella e una alla comunità delle focolarine locali. Queste ultime tra l’altro diventeranno presto ospiti del blog. Porteranno una bella ventata di internazionalità, tra italiane di mille latitudini, belghe e ungheresi.
E' davvero tutto. Ora vado alla mia posta di libero, dove vedo mail su futuri impegni bolognesi che mi affolleranno le giornate al ritorno. Perché capita tutto adesso??? Sto valutando di assumere dei dipendenti :-)
1 commento:
devo assolutamente vedere come è una tastiera arabofona!!!!
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