“A Don Antonio”, dunque. Anche perché il vecchio parroco sembra piuttosto estraneo alla cupa chiusura del vicino eremo di Gamogna. Lì i cartelli vietano i pic-nic, mentre a Trebbana c’è addirittura la piscina a salutare il viandante. E’ a fianco della casa e da lontano sembra un’allucinazione. L’ammetto: per lungo tempo ho continuato a credere che fosse un pannello solare. Invece era proprio una vasca. La sua acqua era verdognola e fetidina, ma era acqua e la sua sporca figura alla fine l’ha fatta lo stesso. Anzi, nel suo piccolo strizzava pure l’occhio agli acquafun di riviera: il suo fondo era in pendenza e invitava a surfate in equilibrio sulla sottile patina di melma depositata sul fondo.
“A Don Antonio”, allora. La sua Trebbana ha sempre la porta aperta nel caso foste esausti su quei crinali, lontani almeno un paio d’ore dalle forme di vita umana più prossime.
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P.S. Per i malevoli che potrebbero pensare che abbiamo scroccato il vino, aggiungo che per il furto dettato dalla necessità abbiamo lasciato un dovuto extra al rimborso spese per il pernotto.
1 commento:
Conosco Trebbana ormai non so più da quanti anni... forse 15, idem Beniamino. Certo che ora Trebbana è diventata un po' solitaria, come svuotata, da quando Benjamin si è trasferito a Grisigliano. Bei tempi, bellissime giornate passate negli anni a Trebbana. Merito a Benjamin che ha contribuito a ridarle vita e custodirla, merito a Don Antonio e tutti i volontari che lo hanno aiutato a ricostruirla.
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