I cronisti dell’epoca, tra cui Miguel Cervantes Saavedra, costruirono un’aura epica attorno alla battaglia di Lepanto del 1571. Lo scontro marittimo di fronte al porto greco di Patrasso segnò la fine dell’avanzata turca nel Mediterraneo. I migliori uomini di mare della cristinanità e del mondo musulmano – il genovese Andrea Doria e l’algerino Ulug Ali su tutti – incrociarono le loro galee: duecento da una parte e duecento dall’altra. Don Giovanni d’Austria, condottiero della Santa Lega promossa da Papa Pio V, scaldò gli animi dei combattenti mostrando loro il crocifisso ed esortando tutti al sacrificio. Veleggiò di fronte alla sua flotta con il vestito scarlatto della cavalleria medioevale, dando l’ultima nota di stile a una carneficina disordinata. Di lì a poco iniziarono i corpo a corpo tra gli equipaggi: caddero in mare 25mila turchi e più di 8mila cristiani.
La Santa Lega occidentale comprendeva anche dodici Galere di Cosimo de Medici. Su di esse furono imbarcati anche dei soldati di Premilcuore: lo attesta un resoconto comunale del 1572, che per il resto parla di guerriglie agresti con Castagno d’Andrea per il controllo di Piandivisi e Valbiancana.
I pastori “transumarono” dalla montagna al mare per omaggiare l’ultimo capitolo della storia navale del Mediterraneo: da quel momento in poi, infatti, i neonati Stati occidentali fecero rotta verso l'Atlantico, Venezia imboccò la via del declino e i Turchi, da cavalieri della steppa quali erano, tornarono a marciare verso oriente contro i Persiani.
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