Quel muflone era imprendibile. Lo sapevano bene i forestali di Campigna che da tempo ne fallivano la cattura. L’animale continuava a fuggire le loro imboscate: metteva sempre un fosso, una riva o un balzo tra sé e i suoi inseguitori. Lui, l’ungulato, vinceva sempre la battaglia contro di loro, gli uomini in divisa.
Una mattina i forestali ruppero il silenzio che di solito avvolge i fallimenti dell’uomo sulla natura. Ormai certi di essere davanti a un animale epico per le sue doti di fuga, confessarono a colazione la loro impotenza. Ad ascoltare il loro sfogo c’era anche un certo Pippo Beoni, un signore scomparso pochi anni fa. Lui, tranquillo, chiese se poteva avere qualcosa in cambio per la cattura del muflone e, negoziato un accordo favorevole, partì in direzione della foresta della Lama tra lo scetticismo della combriccola.
“A mezzogiorno avevo capito che era un po’ stanco”, spiegò al suo ritorno, tranquillo come alla partenza, dopo aver catturato l’animale al termine di una rincorsa di un’intera mattinata. Il muflone aveva fatto il suo solito: aveva saltato un fosso, aveva risalito una riva e s’era gettato ai piedi di un balzo. Ma Pippo Beoni aveva fatto lo stesso: aveva saltato il fosso, aveva risalito la riva e s’era gettato ai piedi di un balzo. Lui, l’ungulato, aveva perso la battaglia contro di lui, l’uomo che nn conosceva la fatica. La fuga del muflone finì all’incirca all’una del pomeriggio.
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