Fuori, sotto un cielo nuvoloso e triste, tirava un vento fastidioso: i panni stesi sul filo dondolavano nervosamente attorcigliandosi a se stessi. Tom però sembrava non esserne infastidito. Puliva pale e cazzuole da più di mezz’ora, con le mani bagnate e i piedi in un sabbione sempre più limaccioso, ma non ostentava alcun segno di disagio. La moglie lo guardava da dietro alla finestra senza vera ammirazione. Un tempo l’aveva fatto, ma ora non era più sicura di quella testarda dedizione. “Perché continuare a farlo?” si chiedeva lei. Aveva provato a sollevare la domanda diverse volte, ma era sempre finito in litigio senza trovare una risposta. Per Tom sembrava ovvio lasciare perdere qualsiasi cosa per prepararsi al giorno seguente e per lui ogni giorno aveva un seguito. Karienne, invece, era stanca di seguire quegli imperativi: non vi vedeva più alcuna urgenza reale. Sentiva bisogno d’altro.
Quando Tom chiuse l’acqua della gomma, segno che stava per rientrare, Karienne aveva già deciso che quel giorno sarebbe stata più esplicita delle volte precedenti nel parlargli. L’avrebbe messo spalle al muro. Si spostò verso l’ingresso per essere sicura di bloccarlo sulla porta.
“Sono quasi le 8” disse freddamente. “Saremmo già dovuti essere da Peter e Carol”.
“Non credo neppure di aver voglia di raggiungerli” rispose Tom distrattamente, chino a rimuoversi le scarpe umide del lavoro.
“Per quale motivo?” sibilò Karienne, simulando una finta sorpresa.
“Semplicemente non ne ho voglia. Non credo serva un motivo per lasciare perdere una cena con Peter o Carol”.
“Non sono solo loro a non meritare un motivo per essere ignorati, però. Tom, tu ignori qualsiasi cosa esca dai tuoi impegni, dai tuoi programmi, dai tuoi obiettivi. Hai un pensiero unico, il tuo, e non posso continuare ad accettarlo, neppure presumendolo in buona fede”.
“Kari, fermati – sospirò il marito - . Non posso sentire questa storia una volta ancora. Sai chi sono, sai cosa voglio e sai che l’impegno che mi rimproveri è l’unico modo per ottenerlo”.
“Lo so questo, Tom. Me l’hai già detto e forse l’ho saputo da quando mi sei iniziato a piacere. Credo anzi che mi sia avvicinata a te proprio per quella tua magnetica dedizione: allora il tuo mondo era solo un sogno ed era ancora più bello vedere che la tua follia visionaria era così forte da renderlo incredibilmente vero”.
“Già” disse Tom sentendo quelle parole sue con un misto di orgoglio, rabbia e stanchezza. “E allora cosa c’è che non va?” aggiunse però in tono secco e interrogativo, reprimendo ogni titubanza.
“Nulla di evidente - proseguì Karienne - Ho paura che tu non abbia dubbi a sufficienza”.
Tom rimase in attesa. “Non capisco?” ammise quando vide la moglie ancora in silenzio.
“Sei sempre così sicuro che ciò che stai facendo sia importante. Non ti chiedi mai se i tuoi sogni di ieri e i tuoi obiettivi di oggi non siano altro che delle scuse?. Dei pretesti per renderti indispensabile o almeno per darti l’illusione che lo siano le azioni in cui ti concentri così tanto?”.
“Me lo chiedo ogni giorno da tanto” rispose Tom.
Karienne non si aspettava quella risposta. Aveva esordito sicura per aprire un mondo al marito, ma quelle ultime parole ribaltavano la sua posizione. Le labbra non facevano uscire più le parole e i suoi pensieri si disperdevano come astri in un cosmo senza più gravità. “Perché non ne hai mai parlato?” fu l’unica cosa che riuscì a chiedere.
“Perché solo raramente si ha il coraggio di parlare di ciò a cui si pensa di più”.
“Neppure a me?” continuò Karienne con la stessa voce disorientata.
“Già, neppure a te” confermò Tom. Si sarebbe voluto fermare così, ma sapeva che ormai era stato spinto troppo avanti per farlo. Si avviò verso le scale, ma prima di salire si fermò: “Sentirei subito la nostalgia delle futili considerazioni sul domani che mi danno un ruolo oggi e mi rendono più semplice spiegare chi sono a me e agli altri. Ma se avessi il coraggio di farne davvero a meno, penso che sarebbe messo in discussione molto di più di quanto riesci a pensare tu”.
1 commento:
...Tom mi ricorda tanto qualcuno...
ste
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