domenica, gennaio 15, 2012

L'india di cui non vi parlerò troppo (3) Kanyakumari: l'alba alla fine del mondo

5 Gennaio 2012

Fa già caldo, è umido, ma alle cinque è ancora buio a Kanyakumari, il punto più a sud dell'India, quello dove ogni mattina il continente saluta l'incontro di tre mari: le acque del sud, le acque del golfo d'Arabia e quelle del golfo del Bengala. Oltre la statua che domina l'estrema propaggine del promontorio non c'è più terra, fino al polo sud, nell'altro emisfero.

Gli ultimi minuti della notte tropico-equatoriale sono rotti dalle voci di una folla in marcia. Accade ogni alba. Dal centro del paese, centinaia di persone scendono verso i bastioni che si affacciano al mare. Parlano, ridono, scherzano, comprano, si lavano, fanno rumore. Si accalcano tutti sull'ultimo lembo di terra, poche centinaia di metri che col favore del buio si preparano a presentarsi al nuovo giorno come uno stadio. La luce illumina quella folla dal mare, con i raggi che sfuggono alle nuvole all'orizzonte. E la folla ricambia il saluto con boati a festa. Chi strattona il vicino, chi prende il figlio in spalla, chi cerca un centimetro per sedersi, chi scatta una fotografia, chi due, chi tre, chi chiede di scattarla al vicino.

L'uomo indiano che si alza al mattino per salutare il sole non è un solitario tenebroso alla ricerca di raccoglimento. E' una folla in marcia, che mangia, beve, si lava, si cambia, fa rumore. E' una folla materna che vigila premurosa sui curiosi intrusi dalla pelle chiara che si mischiano tra le sue fila. Un buffetto dice quando partire, un dito indica dove sedersi, una parola in inglese traduce il messaggio in hindi dell'altoparlante. La folla non concede il silenzio, ma non nega nulla dello spettacolo naturale che il suo incedere trasforma in sociale.

La folla è così vicina che i volti che la punteggiano sembrano troppo piccoli per rappresentarla. Un indiano non sembra mai abbastanza per evocare l'idea del suo popolo, della sua nazione. Nel treno che mi aveva portato a Kanyakumari da Cochi, oltre otto ore, parlo a lungo con un funzionario del governo del Kerala. Un hindu di Hyderabat in pellegrinaggio offre i suoi biscotti. Uno studente di ingegneria dipinge i suoi sogni nelle aziende straniere. Ognuno di loro parla a lungo, tutti sembrano vicini, ma poi, appena scesi dal treno, scompaiono di nuovo nella folla e le loro parole si dissolvono come se non fossero mai esistite.

La folla di Kanyakumari è la folla di ogni angolo del paese: ai bordi della ferrovia, al centro di un incrocio, dentro le acque stagnanti di un canale. E' una folla sempre attiva. Talvolta il motivo del suo agire non è chiaro, ma non c'è economia di movimento: si va, si spazza al centro di una rotonda, si pulisce un bicchiere con l'acqua di un rivolo marcescente.

E' di nuovo questa folla, con volti nuovi ma irriconoscibili, che saluterà anche domani l'alba alla fine del continente. Perché in India lo spettacolo della natura non ha un poeta che lo evoca, ma una folla che lo incita.

4 commenti:

OneGearDown ha detto...

Ciao S!
Mi pare il viaggio sia andato bene..Ti ho inserito nel blogroll del mio marcelloamadori.blogspot.com, che è nato in inglese per caso e non so come andrà avanti..un saluto e a presto

silviomini ha detto...

hi there marcello,

since you opened up your blog in English, I wish you the best riding adventures and the best words to talk about them.

Guess what? On my last day in India, in Chennai, I met a couple of seniors Canadian who for the fourth time were traveling India by bike. I thought they were crazy but they actually knew the hidden rules of the Indian traffic quite well and when I applied their suggestions to what I was seeing in the road, well, everything became clearer!

Keep going. I'll follow you!

Arianna B. ha detto...

Sensazione unica mescolarsi nella folla indiana!

Anonimo ha detto...

L'Inde crapule et mystérieuse.
Magnifique récit.NS.

Cum tacent, clamant.