domenica, settembre 19, 2010

Lontano da lì

(nota autore: righe ispirate da luoghi reali ma con vicende immaginarie)


Oltre ottanta anni prima era nata sotto la Torre dei Vigiacli a Bocconi. C'era vita, tanta vita, la sua vita tra la via che correva tra le case del paese e i sentieri che si allontanavano su verso la chiesa e giù verso il fiume. E lì aveva fatto tutto ciò che si sentiva in dovere di fare, tutto ciò che aveva sempre desiderato fare. Era cresciuta in fretta imparando a governare casa dall'esempio della madre e della nonna ed era diventata donna scegliendo l'uomo con cui costruire la propria casa, la propria famiglia. Era stata una rivoluzione quando lei, donna, era passata per la prima volta dietro al banco del caffè dove suo marito, l'uomo, dava da bere agli uomini che si ritrovavano lì per brindare alla chiusura di un affare o alla decisione del sindaco sul futuro della comunità. La prima volta quei volti dai baffi curati l'avevano squadrata con sospetto, col dubbio che qualcosa di improprio, di innaturale si stesse compiendo, perché erano sicuri che naturale non fosse ciò che poteva essere ma solo ciò che era sempre stato. Lei però resistette. A lungo. Mentre gli uomini coi baffi e le giacche eleganti scomparivano, morti di vecchiaia o rapiti dalla pianura, lei rimaneva lì donna dietro il banco a fianco del suo uomo.

Era lì da una vita intera quando entrò un automobilista un po' sudato che veniva da lontano. L'uomo era entrato un po' di soppiatto. “E' aperto?” aveva chiesto, reso scettico dalle luci basse che lasciavano la vetrina buia, dal silenzio non interrotto da nessuna radio. “Venga pure” le aveva detto lei alzandosi dalla sedia dove riempiva il tempo assorta tra un cliente un altro, tra un caffè e un bicchiere di rosso. L'uomo bevve: non c'era l'aranciata e prese la Coca-Cola, in bottiglia con il collo ondulato. L'uomo mangiò: non c'erano toast e ricevette due fette di pane grosse e non salate con un tocco di prosciutto nostrano. Stava già per uscire quando chiese alla signora, silenziosa sulla sedia a fianco al banco, se non si sentisse un po' sola lì lontana da tutto.

“No” aveva risposto lei, senza aggiungere altro. Non voleva essere scorbutica, solo non capiva da cosa potesse essere lontano. Lì ascoltava l'avventura di chi tornava dalla caccia al cinghiale sulla cima della montagna. Lì misurava lo scorrere del tempo nella perdita di un amico di infanzia e nel saluto al nipote di un vicino. Lì c'era tutto – memoria, relazione, dovere, piacere – ciò che un uomo poteva sognare nel mondo e lei, il mondo, l'aveva anche visto negli occhi, perché andando dietro il banco di fronte agli uomini con i baffi e le giacche, l'aveva sfidato e cambiato. Lontano da cosa?

2 commenti:

roberto ha detto...

Grazie Silvio per questo bellissimo racconto. Le tue parole mi hanno fatto tornare in mente una nonnina che ho visto seduta su una sedia vicino al banco del bar di un paesino del nostro bel Appennino.
Ciao,Roberto.

silviomini ha detto...

Ringrazio te, Roberto, per il complimento e magari tornerò anche sull'argomento. Per capire meglio se sto più dalla parte della signora dietro il banco o da quella dell'automibilista. Per ora, forse per sempre, oscillo a seconda del tempo e degli argomenti.

Silvio