C’era un signore che era solito bere solo grappa Nardini, la migliore per lui. Il distillato era la sua acqua, l’inseparabile compagna di ogni giorno. Ne beveva così tanta che prese a ordinarla direttamente dallo stabilimento di produzione. Quando morì, l’agente commerciale della Nardini chiamò nel comune di residenza del vecchio per sapere quale bar aveva chiuso: tale era il calo di vendite registrato.
Raccontai questa storia di Romagna da poco udita a una giovane coppia napoletana. Loro mi guardarono con lo sguardo stupito e sornione di chi si stava convincendo di aver intrapreso il viaggio giusto, nel posto giusto, nell’alloggio giusto. Giusto per portare a casa qualcosa che gli altri non si sarebbero mai portati indietro, giusto per sentirsi orgogliosi di essere stati veramente ospiti di un luogo per un giorno.
Lo sguardo stupito e sornione della giovane coppia napoletana assomigliava molto allo sguardo delle persone che salutavo in Australia. Avevano appena raccontato le loro storie: cacce a granchi giganti, sbornie di fronte al barbecue, colpi di scalpello in un cavallo a dondolo di legno. Si sentivano più orgogliosi del solito di appartenere a quella terra, sentivano di aver fatto la scelta giusta a essere rimasti a vivere lì se qualcuno da così lontano usava il suo tempo per ascoltarli.
Il racconto è il punto di incontro tra chi resta e chi va, tra lo stanziale e il nomade. Invita il primo a rimanere per approfondire e il secondo a partire per sfiorare. Ma invita anche il primo a partire per udire del nuovo e il secondo a fermarsi per provare il gusto di dare il benvenuto.
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