giovedì, febbraio 14, 2013

In direzione ostinatamente disordinata


Seduto a gambe incrociate, mi metto alla tastiera. Un foglio di carta e una penna alla mia destra e, dallo stesso lato, un bicchiere colmo a metà di un vino ambrato, da meditazione. Ho fatto attenzione a rispettare tutti i passaggi di un ipotetico rito, come un monaco buddista o come un pensatore mistico: spero così di riportare nel caos del giorno la chiarezza, l'ordine e il coraggio dei pensieri che si svelano al calar della sera, quando l'oggi si confonde già con i progetti del domani. E' così nitido quel momento e invece è così confusa la veglia cosciente: la tua volontà che si perde in mille rivoli e quel mondo là che non vuole mai saperne di ubbidirle neppure un po'.

Una certa stanchezza pesa sugli occhi, ma non è quella vera, quella che si riassorbe in un lungo sonno. E' più la tensione di un cammino di crinale da cui non si riesce mai a scendere. Fare una pausa? Ma a che pro se il corpo resta appoggiato al divano, ma la mente decolla verso lidi lontani. Mettersi in moto su qualcosa? Ma cosa, se la lista si affastella su se stessa, in uno sviluppo senza fine. Resta da cercare la data di scadenza di un bando, ci sono appunti sparsi su storie da sviluppare, ci sono foto da ritoccare, Internet che non funziona, amici colpiti da piccole sventure, messaggi sul telefono, vecchie mail che giacciono senza risposta, una casa, una famiglia, un amore lontano, un articolo da scrivere, una cornice da ritagliare, due saggi da restituire, una sinfonia da scaricare, un film da rivedere, un itinerario da percorrere, una città da esplorare. E alla base di questo labirinto, altri dubbi: non sapere se darsi il tempo di scrivere ciò che si è o di imparare ciò che occorre, non sapere se restare vicini a tutte le radici che ci hanno fatto ciò che siamo o se protendersi più decisi verso i nuovi germogli, fragili e senza direzione.

Il tempo che passa, e che forse toglierà le forze, dicono che aiuti a fare ordine: a dividere il mondo in ciò che davvero occorre, in ciò che è un peccato trascurare e in ciò che nessuno si accorge se facciamo o meno, a quanto sembra la categoria più ampia. Ma già il tempo è passato in parte e nel suo volgere ha sempre aggiunto e quasi mai tolto: nel mio caso no, non c'è speranza nella sottrazione; l'unica alternativa è l'ostinazione, verso una condivisione improbabile, che non si deve pretendere esista veramente.

Ecco, solo questo posso scrivere al momento, prima di iniziare una storia più lunga da coltivare in sordina in un'unica puntata di là a venire. Solo il disordine come soluzione al disordine. Alquanto poca cosa, ma almeno è scritta e dunque già un poco più vera. E tra qualche tempo potrò tornare a leggere queste parole, ricordarle ormai confuse, e prenderle a quel punto come la soluzione pensata da una mente altrui. E dunque più vera ancora.

2 commenti:

Ambra ha detto...

Quello che chiami disordine forse è ricchezza interiore, pluralità di mete da raggiungere. La confusione della veglia, dove il conrollo non esiste, porta alla luce della consapevolezza desideri e timori che tali restano ancora, la notte dopo.

Adriano Maini ha detto...

La tua prosa affascinante non mi fa dimenticare che pure, quando vuoi, sai essere molto preciso, se non ordinato. Ma non sveliamo l'arcano, no? :)