giovedì, ottobre 23, 2008

In fuga dal funerale fantasma

Rannicchiato sul seggiolino di un treno regionale in viaggio da Bologna verso Forlì, sono completamente immerso nel mio piccolo mondo privato. Mi sembra di essere un tutt’uno con la portinaia protagonista del libro che ho in mano: la seguo passo passo nelle considerazioni che precedono il suo appuntamento con il signore giapponese, nuovo inquilino dello stabile dove lavora. Penso solo una cosa: correre tra le parole a quell’unica giusta velocità che ti permette di non perderle e nel contempo di non frustrare il tuo desiderio di arrivare al pensiero seguente.

Elegante, assorto e silenzioso non devo essere l’immagine della socievolezza
. Eppure il signore che mi è accanto, occhi sporgenti e pochi capelli anarchici, non riesce a trattenersi. Mi dà un buffetto sulla spalla e mi dice che proprio non mi può tacere cosa gli è accaduto nella sua giornata infinita.

Senza una reazione fisica evidente, penso. Le probabilità che la sua storia sia davvero interessante sono marginali. E’ sicuramente un rompi palle. Un po’ rincitrullito dall’età per giunta. Quanto basta per far finta di nulla. Ma il mio cinismo mi lascia un vago senso di colpa. Deve essere il residuo dei miei primi sei mesi in Australia: non negare mai un momento di socialità e condivisione, anche piccolo, al passante che ti incrocia. E’ sempre piacevole quando non ci si sente nessuno, scoprire che qualcuno ti domanda chi sei. Alla fine cedo e alzo lo sguardo.

“La signora è mia moglie” dice indicando la donna seduta nel seggiolino di fronte. “Sapesse” dice lei non tradendo il melodramma che il marito sta per mettere in scena.
Resto muto in attesa di vedere cosa succede.
“Siamo partiti questa mattina all’alba da Ancona per andare a un funerale” esordisce l’uomo.
“Anche una storia triste” medito sconfortato.
“Ma quel cazzo di funerale non l’abbiamo mai visto!” prosegue il signore alleggerito di trent’anni dalla foga. “Siamo arrivati fino ad Alessandria – un giorno di viaggio tra andata e ritorno – per non uscire dalla stazione: quei morti di fame – intendo i parenti vivi della morte – se ne sono fregati. Ci hanno detto che sarebbero venuti a prenderci. Invece ci hanno lasciato lì senza che noi sapessimo dove andare e senza un dannato che avesse il telefono in funzione”.
“Forse è arrivato in ritardo?” suggerisco. L’uomo mi guarda con occhi taglienti. “Deficiente” mi dico. Mai ipotizzare una soluzione a chi si lamenta di un problema alla ricerca di comprensione. “E lei che ha fatto?” domando cercando di rimediare.
“Sono risalito sul treno e ho ringraziato di essere troppo vecchio per usare la macchina”.
“Cioè?”.
“Così ho avuto da subito le mani libere per cancellare tutti i numeri di quei morti di fame”.
“Vedrà però che la chiameranno per spiegarle cosa non è andato per il verso giusto”.
“Nessuno lo ancora fatto, né con me né con mia moglie. E comunque alla prossima non mi fregano più. Se qualcuno muore, un francobollo gli invio. Così mi spediscono il santino a casa, che io da là non mi muovo più!”.

4 commenti:

Gilesteta ha detto...

Mai! Mai offrire una giustificazione plausibile a chi è preso dalla foga di esporre un problema che vuole trovare il suo interlocutore allineato.

silviomini ha detto...

Peccato che l'impulso sia sempre nella direzione opposta: ovvero, come nella storia, a dare il consiglio. Molti conflitti nascono da lì: forse perché chi racconta si sente trattato come al lavoro in una sfera che considera quanto mai privata e soggetta a un dolore che può essere solo condiviso e non risolto.

Anonimo ha detto...

essere ascoltati è secondo me quello di cui le persone di ogni età hanno più bisogno .essere considerati come persone con problemi e sentimenti
Ognuno di noi ha gioie e dolori ,ma il resto del mondo è stanco e indaffarato ,il più dlle volte non ha voglia e tempo di ascoltare le tue storie .
Io guardo le persone e penso : ognuno è una storia ,milioni di individui con milioni di storie .la vita è affascinante

silviomini ha detto...

Cara marisa,

pensavo di farti eco con una frase dei tanti che hanno riempito carte su carte di storie di altri incontrate per caso. Poi ho pensato che così facendo sarei finito tra i soliti autori di genere. Allora, saltando in qua e in là su wikipedia, ho ripiegato su un passaggio più classico:

"La parola dell'uomo, che sa di patire e si affanna e possiede la terra, rivela a chi l'ascolta meraviglie. [...] Si conosce la bestia, si conosce l'iddio, ma nessuno, nemmeno noialtri, sappiamo il fondo di quei cuori. C'è persino, tra loro, chi osa mettersi contro il destino. Soltanto vivendo con loro e per loro si gusta il sapore del mondo.

(Cesare Pavese)