martedì, agosto 05, 2008

Andare, per la voglia di scrivere e parlare

“Parti ancora per i monti?” chiese la madre, una signora di mezza età dallo stupore facile, alla figlia china sullo zaino. “Non mi ricordavo tutto questo spirito agonistico”.
“Non lo è mamma” rispose Francesca. “Non lo è infatti”.
“E’ allora cosa vai a fare su e giù per quei dirupi ogni volta che puoi?”.
“E’ piacevole, è semplicemente piacevole” fu la risposta.
Francesca non aveva voglia di provare a spiegare troppo il desiderio che la spingeva alla partenza a ogni occasione: in parte temeva di restare incompresa e in parte sapeva che quel suo desiderio aveva qualcosa di misterioso e di oscuro anche per lei. Il suo piacere era più un’intuizione che un ragionamento. Era chiaro ma inafferrabile come gli ultimi pensieri prima del sonno.

Nel pomeriggio, seduta a fianco di un rudere, la ragazza ripensò al breve dialogo del mattino, prima della partenza. Senza dare nell’occhio, allora, si defilò per un attimo dalla compagnia che come al solito l’accompagnava. Su un foglio leggermente macchiato di unto annotò alcune considerazioni sul suo ultimo cammino, cercando in esse le risposte che non aveva voluto e saputo dare alla madre. In un paio di bozzetti tratteggiò il paesaggio. In un paio di corsivi riassunse le battute scambiate con un passante occasionale. E, in un breve elenco puntato, citò tutti i temi di cui ricordava di aver parlato lungo il cammino.

Né la descrizione del paesaggio, né i dialoghi, né l’elenco dei contenuti contenevano l’essenza cercata. Però quegli scarabocchi a penna avevano un significato. Erano il suo approccio a quel mondo. Per lei, ragazza più di parole che di azione, le riflessioni scritte erano l’unico modo per fare proprio un mondo amato, ma per molti altri punti di vista estraneo. Non solo: quegli appunti erano tanto più importanti perché erano l’unico luogo dove potevano essere presi. Al di fuori dei suoi monti, Francesca temeva di non aver nulla da dire.

Fu così che la volta successiva la figlia riuscì infine a rispondere alla madre. “Ci siamo ancora?” le chiese questa. “Sì – le spiegò lei – oggi, anche oggi, ho voglia di scrivere e parlare”. Poi si diresse verso l’alto, in attesa di capire se il suo essere era più estetico o più crepuscolare o se era qualcosa d’altro del tutto.

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