La persona più anziana del gruppo attendeva la moglie sotto l’ombra del pioppo. Con la voce piena di entusiasmo, si rivolse al più giovane discepolo per assicurarsi che gli avvenimenti di giornata fossero opportunamente immortalati. “Ci vorrebbe una lapide” disse allacciandosi la maglia alla cinta e prendendo lentamente la via della valle.
“Ci sono i ragazzi dell’istituto d’arte – rispose il discepolo, a sua volta più prossimo alla mezza età che all’adolescenza – Penseranno a tutto loro sicuramente”.
“Mi raccomando – concluse l’anziano – questo è un evento storico”.
L’uomo prese a scendere che già il pomeriggio era inoltrato. Tra i rivoluzionari convenuti in mezzo al bosco per far dialogare la natura con il loro senso artistico era già accaduto tutto o quasi. Le istallazioni pendevano qua e là dai rami degli alberi più imponenti. Attendevano il vento per animarsi, ma restavano esanimi sotto il cielo umido e immobile. Pochi le guardavano davvero. Un ragazzo coi rasta cantava Bob Marley, un signore con la barba stonava Bella ciao.
I leader del gruppo sedevano in disparte, accovacciati su una coperta. Recitavano la loro parte attenti a non tradirla. Mai una parola ovvia, mai un pensiero quotidiano, mai un anelito di ottimismo. “E’ ovvio che il decadentismo del sistema continua a irretire le menti impedendo il risveglio delle coscienze” disse a un certo punto l’accademico sollevando i grossi e spessi occhiali neri in tinta con la camicia e in contrasto con i pantaloni bianchi.
“Certo – rispose il pittore – e la decadenza dell’essere potrebbe perpetrasi per altri due o tre secoli. Non vedo alcun gesto di emancipazione in divenire”. Il pittore era più giovanile: aveva anche il conforto di una donna creola, che l’ascoltava silenziosa in estatica contemplazione del profondo pensiero rivoluzionario che le scorreva al fianco.
Più in là una signora sedeva sola sulla radice di un albero. Più lontano sui ruderi di un’antica parrocchia si tagliava prosciutto e si serviva vino. In fondo alla strada, nonostante l’ora tarda, qualcuno continuava ad arrivare.
“E’ tardi?” chiedevano questi con un vago senso di colpa accelerando il passo.
“No – rispondeva il presente di turno – c’è ancora da bere e da mangiare”.
Qualcuno invece cominciava a discendere come il vecchio poco prima. Una donna rimproverava il marito cinquantenne di non essersi ancora cambiato la maglia sudata. Un madre continuava a rimproverare i figli perché non avevano ancora preso il loro panino. E un bambino spargeva bolle di sapone di fronte al padre che suonava la cornamusa. Poco convinto dei suoi gesti, il ragazzetto lasciò andare la fantasia: i genitori gli avevano parlato di congiure, rivolte e ribellioni, ma lui per un attimo si immaginò imperatore, dalla parte di Cesare e Nerone. In cuor suo pensò che non avrebbe corso grandi pericoli.
6 commenti:
Oh..anche io suono la cornamusa!
Ma sicuramente sarai più sicura dei tuo gesti!
A volte lo sono davvero, altre mi fingo solamente..in ogni caso mi nascondo dietro alla cornamusa, che è grande quanto me!
hola silvius, come va? quand'è che organizziamo una passeggita tra le valli romagnole?
ogni tanto faccio un salto sul tuo blog...i capitoli migliori rimangono quelli australiani...
Fred
Per una lunga passeggiata negli antri di Romagna possiamo pensare a luglio, oppure, se temi il caldo (per ora timidissimo...), a settembre. Proverei volentieri la via degli eremi, proprio ora in fase di tracciamento.
Sono certo che, dopo aver saggiato l'aria, apprezzeresti anche i post di Romagna, dove ora non vedi quella sorta di "già visto" che invece leggi nei capitoli australiani.
A presto!
p.s. Nel fine settimana fa un salto a Parma: www.passoparola.it
Ma che bei programmi avete...vi invidio!
Posta un commento