sabato, gennaio 26, 2008

I piccoli intrecci a cui non basta non pensare

maniL'apprendista "adulto" camminava distrattamente. Procedeva verso il parcheggio trascurando i dettagli delle vie attraversate. Rifletteva tra sé e sé sul gomitolo di relazioni sociali delle ultime ore: il solito intreccio che comprendeva piccoli successi, strappi imprevisti, reazioni inaspettate, e alcuni sfoghi eccessivi.

Il giovane si stava convincendo a non dare peso alla “dark side” di quel gomitolo: tutto era semplice routine. Ne era certo. Pensare di non dare peso a quei piccoli incidenti, però, era già un piccolo fallimento. Quelle preoccupazioni, più semplicemente, non dovevano esistere. La loro presenza, vaga traccia di un eccesso di umanità fuori luogo, era spazio rubato a calcoli e azione.

Fu in quel frangente che il giovane notò la sporta semi aperta di una donna pochi più metri più avanti. Il ragazzo accelerò il passo per segnalare il pericolo. Stava allungando la sua mano sulla spalla della sconosciuta, quando questa si ritrasse violentemente, mostrando uno sguardo impaurito e livido: “Mi lasci perdere o inizio a urlare” disse tra i denti la donna.
“Guardi - provò a protestare il giovane – che...”. Ma la signora non ascoltò repliche.

Il ragazzo si convinse che non valeva la pena risentirsi per quello che era appena accaduto. Però riuscì solo a pensare che non avrebbe dovuto pensarci più.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

...la classica sindrome da "bravo ragazzo"!!!hehe
ciau!!

silviomini ha detto...

aggiungerei un "di quelli che non ne fanno più" ;-)