giovedì, giugno 28, 2007

L'Italian connection di Parndana

Nella mia settimana a Vivonne Bay (foto) l'apicoltore Brenton mi aveva messo al corrente di un evento militarmente surreale. Durante la seconda guerra mondiale, i Capi di Stato Maggiore dell'esercito australiano avevano identificato Kangaroo Island come un obiettivo sensibile: gli strateghi aussie, cioe', si erano convinti che i Giapponesi avrebbero avviato l'invasione dell'Australia partendo da Kangaroo Island. E il punto di sbarco, stando ai loro calcoli, sarebbe stato l'unico punto d'attracco disponibile sulla costa sud: Vivonne Bay, appunto. Fu cosi' che il molo piu' costoso realizzato nel primo dopo guerra fu fatto saltare in aria, letteralmente polverizzato. Ad assistere allo spettacolo ci furono probabilmente solo una manciata di pescatori emaciati. Come me e Brenton si saranno chiesti quale mente "brillante" avesse potuto vedere in un'isola priva d'acqua l'approdo privilegiato per un esercito.

La guerra infatti non entro' mai a Kangaroo Island, ignorandola come qualsiasi altro evento significativo. Pero' qualche isolano fu suo malgrado spedito nel cuore del conflitto su nella remota Europa. In particolare, uno dei vecchi di Parndana, l'abitato nel centro dell'isola, fu a lungo prigioniero dei Tedeschi in Italia, prima di riuscire a fuggire e attraversare le linee nemiche fino a ricongiungersi con gli Alleati su a nord. La sua storia e' ritornata d'attualita' poco tempo addietro, perche' il nipote del soldato di allora e' voluto tornare sulle orme del nonno, ripercorrendo in tempo di pace la rotta tracciata dall'avo in tempo di guerra.

"Come vedi - mi dice Richard, replicando ai miei incontri italiani a Broken Hill - c'e' un'Italian connection anche a Parndana". Rich, geografo impegnato nella mappatura del Flinders Chase Nationa Park, nel remoto West End di Kangaroo Island, si e' trasferito a Parndana cinque anni fa, dopo una parentesi giovanile nella West Coast e un ventennio di landscape survey nell'outback a nord di Port Augusta. Il suo vissuto e' ormai lungo, a sufficienza per comprendere tra i ricordi qualche scampolo di vita assieme agli emigrati italiani del secondo Dopoguerra. "All'ora ero ancora a Sydney con la famiglia - racconta - e ricordo benissimo la numerosa ondata di immigrati italiani sbarcati in New South Wales: qualcuno andava nelle miniere, ma i piu' di davano all'agricoltura e al commercio del frutta e verdura. Ho conosciuto quella gente, perche' ho fatto le scuole elementari con i loro figli. Quasi ogni bambino australiano di allora ne aveva uno straniero da seguire come tutor per facilitare l'apprendimento della lingua. Io ne ho avuti molti italiani. Ci scambiavamo le passioni sportive e cercavamo sempre di dare il massimo, perche' alla fine della settimana i migliori, quelli che avevano progredito di piu' con l'inglese, ricevevano una piccola ricompensa".

Richard e' uno dei circa quaranta membri del walking club di Kangaroo Island a cui mi sono mischiato lo scorso 24 giugno per la mia "grande domenica" con gli abitanti dell'isola. Il club si da' appuntamento una o due volte al mese per un'escursione collettiva di difficolta' variabile, dalle poche ore all'intero fine settimana. "Un modo per riunire gente" dicono i locali, solitari ma orgogliosi di essere parte di qualcosa, uno, due, mille club (ne esistono dieci solo per il football).

L'uscita di domenica aveva come meta il Little Sahara, un pugno di ettari di Nord Africa che la geologia si e' divertita a riprodurre nel sud del mondo. Alte dune si alzano dal bush circostante issando verso il cielo brillanti tonalita' tra il rosso e il il giallo. Solo qualche legno disidratato, apparentemente inerte da tempi preistorici, interrompe sporadicamente l'alternarsi di creste, conche e sbuffi di sabbia al vento. Questo ecosistema, a prima vista estraneo al resto dell'isola, e' in realta' una finestra su un substrato geologico comune a molte zone di Kangaroo ISland. Anche Prospect Hill, una delle colline piu' alte, e' una duna. Solo che quasi ovunque l'arcigna vegetazione del luogo ha avuto la meglio sulla sabbia, fino a ricoprirla interamente. "Qui - mi spiega invece Jeff, la guida di giornata - la guerra non ha avuto un vincitore. Little Sahara e' su un rilievo costantemente spazzato dal vento: qui la sabbia non ha mai requie e neppure le radici del nostro bush riescono a sedimentarla".

L'anello che percorriamo dista pochi chilometri da Vivonne Bay. Dalla cima di Mt. Bloombury, dove e' prevista la sosta per il pranzo, la spiaggia piu' bella d'Australia e' visibile in tutta la sua lunghezza. Dopo cinque settimane sul'isola, vesto cosi' i panni del narratore, citando i folcloristici artisti del legno e della pietra laggiu' incontrati. "Oh quelli sono pazzi davvero - conferma una signora appena rientrata dalla Germania, dove ha insegnato inglese per venti anni. "Sei stato iniziato all'avanguardia - prosegue - ma non siamo tutti cosi'".
"Lo immagino" rispondo allegramente. Ma non ne sono del tutto sicuro. Stacy, l'energetica escursionista che mi siede al fianco e' stata in viaggio di nozze per sette mesi, trascinandosi dal sud dell'India al nord della Svezia. "E solo alla fine - commenta lei - ero veramente convinta di essere con quello giusto".

Quando, un paio di ore dopo, il gruppo raggiunge il parcheggio, sfoglio la ricca selezione di primi piani che un barbuto fotografo locale ha scattato alle orchidee dell'isola. E' uno dei miei ultimi assaggi del luogo, assieme a Road Kill Recipies, un sarcastico libro di cucina che Patricia e Tim Leeuwenburg hanno dedicato al reciclo della fauna isolana vittima di incidenti stradali.

Degli isolani conservo pero' qualche indirizzo di posta sia elettronica che tradizionale. Vorrei quanto meno sapere il destino di uno dei vecchi abitanti dell'isola. Circa tre anni fa i medici gli diagnosticarono un cancro, pronosticando una veloce dipartita. Aspettando di morire il buon uomo penso' di usare il suo tempo per dare una mano ai vicini, costruendo un muro qua e un tetto la'. Aspettando di morire, pochi mesi fa ha iniziato a costruirsi una nuova casa.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

se resisti a sette mesi di viaggio di nozze puoi resistere tutta la vita, a meno di non soccombere alla routine

Unknown ha detto...

bisogna assolutamente pubblicare su carta gli appunti australiani del tuo blog, con foto scelte e qualche ritratto. Comincerò a pensare a qualche possibile contatto editoriale