venerdì, luglio 01, 2011

Piccolo tempo perso per una fragile spiegazione

"Una buona occasione nella vita si presenta sempre. Il problema è saperla riconoscere e a volte non è facile. La mia, per esempio, aveva tutta l'aria di essere una maledizione". (Tiziano Terzani, Un indovino mi disse)

Quando l'aveva conosciuto per la prima volta aveva subito sperimentato le sensazioni che gli indicavano di essere di fronte a una persona da approfondire. Dietro la sintassi di qualche frase, dietro la leggerezza con cui era pronunciata vi aveva subodorato quell'universo di situazioni da attraversare, esplorare e assaporare che era caratteristica comune a tutte le persone a lui più care. Anche nell'incedere caotico di una chiacchierata d'osteria, le parole del maestro Bruno Corei si riuscivano a ritagliare una fisionomia scultorea: c'era la chiarezza di un eloquio allenato, la sagacia maturata nell'impegno politico, l'ironia di una compagnia da osteria e la leggerezza di un equilibrio mai citato ma forse raggiunto per davvero. Su quelle parole Maurizio, aiutato anche da quella stima acritica che si ripone in chi è già chi si sogna di diventare, era salito lasciandosi alle spalle i rumori di sottofondo, chiudendovisi in un rapporto quasi privato, come un cantastorie epico e il suo silenzioso ascoltatore. Seguendo quelle storie su battaglie politiche, piccole scommesse professionali, incroci con la grande storia, ma soprattutto quegli aneddoti che aprivano spiragli su attimi intensi e autentici, si era calato nel suo amato stato di euforia e irrequietudine: da un lato si puntellava al presente come una tenda al terreno per non perdere neanche una sillaba, per attraversare ogni singola frase fino al punto più denso del suo significato; ma dall'altro si sentiva trascinato in una sorta di estasi di esplorazione nel tentativo di anticipare i ribaltamenti di prospettiva che d'un tratto, come in un gioco di illusione, le sue nuove conoscenze gli svelavano. Era lì piccolo piccolo attorno a quel tavolo in mezzo agli altri, ma era anche fuori di sé e, come proiettato in una super coscienza, vedeva se stesso e quel tavolo al centro di un nuovo crocicchio di strade, nuove pianure da colonizzare, nuove salite da scalare e nuove colline da cui affacciarsi.

A fine serata, quando gli altri colleghi stavano già alzandosi, Bruno gli aveva fatto una proposta: “Ultimo giro. Poca quantità, massima qualità: distillato himalayano, disponibile in poche casse all'anno. Una bottiglia è qui e, che io sappia, in nessun altro posto dell'Emilia o del Veneto. Stasera, sai, mi va di aprirmi più del solito e siccome un racconto crea sempre nuovo equilibri, è utile mettere in discussione i precedenti con il profumo di un rum finissimo”.
“Meglio di no” rispose Maurizio troppo velocemente, forse per la paura di far perdere al proprio ascolto la protezione del gruppo. “Meglio di no. Preferisco non tardare oltre e fare qualche bracciata in piscina domani mattina”.
Bruno fu visibilmente irritato da quella fragile spiegazione. Non la contestò, ma, a suo modo, la irrise. “La piscina resta sempre se stessa. Una confidenza invece non sarà mai più la stessa e forse non sarà mai più” buttò lì laconico portandosi la giacca sulle spalle.
Tempo di tornare indietro non ce n'era. “Sarà per la prossima volta” concluse Maurizio per consolarsi. Sapeva già, però, di aver lasciato uno spazio vuoto, di aver buttato al vento una casella di memoria.
Quando, un mese dopo, lesse sui giornali locali l'elogio del collega scomparso prematuramente nella notte, forse per un infarto, forse per un ictus, sentì quel vuoto allargarsi, più e come di quando lontani famigliari avevano portato via l'universo a cui fin da piccolo li aveva associati. Guardò su Youtube il professor Bruno Corei che leggeva alcune sue descrizioni delle città portuali italiane e sentì che una piccola porzione di tempo era andata persa irrimediabilmente. Perché, ne era certo, dentro quel tempo con il rum himalayano non c'era la conoscenza che si può apprendere, ma un pezzettino di quella più preziosa che si può solo ricevere.