I suoi discorsi incominciavano sempre con una certa enfasi, come se annunciassero ogni volta una rivoluzione. “Ho già in mente un affare da un milione di euro l'anno in tre anni. Devo solo lavorare per costituire i dieci mila euro di capitale iniziale. Prima di tornare in Francia, ho già aiutato un amico a mettere su una scuola di inglese per cinesi. L'attività funziona, il paese è grande, tornerò là se trovo la voglia di restarci almeno tre anni. E' quanto serve per allargare la rete”.
Il giovane francese era sempre tagliente ed estremo nei giudizi. Affare o merda, business o filosofia. E l'enfasi emergeva ancor di più per la piccola taglia: corporatura minuta, scarpe e jeans abbondanti, felpa con cappuccio, sigaretta in mano. Nell'altra mano spesso un caffè, talvolta un telefono per illuminare angoli di vita metropolitana: un parcheggio pieno di bici, un graffito, una vetrata scheggiata. Dalla tasca emergeva talvolta un blocco appunti nero, con carta bianca, opaca, senza righe né quadretti. Appunti, disegni, grafici, punti di domanda. E poi pagine bianche e scrittura.
Le ragazze lo guardavano con simpatia e sospetto. Le più grandi spinte da un certo sentimento materno verso quel nichilismo, le più giovani un poco irritate, forse anche dubbiose sull'atteggiamento. Quei vestiti, quel modo di fare, quel cinismo ricordavano troppo un vecchio noir francese in bianco e nero per non dubitare che il giovane francese potesse soltanto recitare una parte.
L'ultima volta che lo vidi rispose con la solita enfasi. “Mi immagino qualcosa di avventuroso per i prossimi mesi: avere un'idea, andare in un paese e realizzarla”. Anche quella volta nel taschino aveva il suo blocco appunti con carta opaca. “Ci sto annotando delle ipotesi su un libro, sull'economia e sul mondo”.
“E di che parli?” chiesi lui.
“Lo sto scrivendo in francese, con molte abbreviazioni, così non sarà facile leggerlo neppure per chi parla francese”.
Fece una pausa per chiudere una sigaretta passandosela fra le labbra.
“Non credo che arriverò a dirtelo ora”, aggiunse infine prima di strisciare le scarpe verso la fermata della metropolitana.
Il giovane francese era sempre tagliente ed estremo nei giudizi. Affare o merda, business o filosofia. E l'enfasi emergeva ancor di più per la piccola taglia: corporatura minuta, scarpe e jeans abbondanti, felpa con cappuccio, sigaretta in mano. Nell'altra mano spesso un caffè, talvolta un telefono per illuminare angoli di vita metropolitana: un parcheggio pieno di bici, un graffito, una vetrata scheggiata. Dalla tasca emergeva talvolta un blocco appunti nero, con carta bianca, opaca, senza righe né quadretti. Appunti, disegni, grafici, punti di domanda. E poi pagine bianche e scrittura.
Le ragazze lo guardavano con simpatia e sospetto. Le più grandi spinte da un certo sentimento materno verso quel nichilismo, le più giovani un poco irritate, forse anche dubbiose sull'atteggiamento. Quei vestiti, quel modo di fare, quel cinismo ricordavano troppo un vecchio noir francese in bianco e nero per non dubitare che il giovane francese potesse soltanto recitare una parte.
L'ultima volta che lo vidi rispose con la solita enfasi. “Mi immagino qualcosa di avventuroso per i prossimi mesi: avere un'idea, andare in un paese e realizzarla”. Anche quella volta nel taschino aveva il suo blocco appunti con carta opaca. “Ci sto annotando delle ipotesi su un libro, sull'economia e sul mondo”.
“E di che parli?” chiesi lui.
“Lo sto scrivendo in francese, con molte abbreviazioni, così non sarà facile leggerlo neppure per chi parla francese”.
Fece una pausa per chiudere una sigaretta passandosela fra le labbra.
“Non credo che arriverò a dirtelo ora”, aggiunse infine prima di strisciare le scarpe verso la fermata della metropolitana.
Nessun commento:
Posta un commento