“Ssshh” fece la nonna chinandosi sul nipotino. Gli carezzò la testa, cercando di rubare con la mano l’euforia e l’agitazione che non facevano dormire il ragazzino. Ma non era una notte da sonno quella, non per lui. Di giorno era arrivata una macchinina nuova. E con lei una fantasia senza limiti.
Il ragazzino pensava, parlava, diceva, sognava: l’avrebbe fatta vedere a Marco e poi a Daniela e dopo a scuola – in fondo non era così male tornarci – e dopo ancora a chissà quanti altri. Chissà cosa avrebbero raccontato facendogliela vedere: la sua fantasia era un treno. Chissà cosa avrebbero risposto gli altri ragazzi: la nuova macchinina era un pezzo pregiato, non passava inosservato.
Il ragazzino pensava, parlava, diceva, sognava, a volte a voce alta, e la nonna catturava i suoi pensieri e la sua gioia. Allora lo guardava con tenerezza. E con timore: qualcuno avrebbe potuto invidiare quella macchinina, qualcuno avrebbe potuto invidiare chi la possedeva e cercare di metterlo in cattiva luce con Marco e poi con Daniela e dopo a scuola – sarebbe stato ancora più difficile andarci – e dopo ancora con chissà quanti altri.
La mamma pensava ma non parlava. Non voleva rubare il tempo a ciò che il tempo rubava di per sé. E allora sussurrava e, nella luce bassa della sera, cantava le ninna nanna con le verità così piccole da non cambiavano mai.
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