"Ho un piccolo problema", esordisco a a cena. "Poco fa ho chiamato Vince, il boss del ristorante, per dirgli che avrei lasciato il lavoro. Gli ho spiegato la situazione e mi sono offerto di recuperargli un altro e di fargli il training, ma niente, non ne ha voluto sapere. "I want you to be here tomorrow, I want you to be here tomorrow", continuava a dirmi. Un po' ragione ce l'ha: non ci ho potuto fare niente ma il preavviso e' stato nullo... Che faccio? Vado?"
"Ma da quanto lavori li'?", mi chiede lo svedese Salo.
"Tre settimane e mezza, part time".
"Ma che ti frega allora?! Io ho lavorato per tre anni come pizzaiolo e quando mi sono rotto ho chiuso la porta e non mi sono fatto piu' vedere".
"Non ci andare e basta - mi dice anche la tedesca Sara - E' normale. Qui succede sempre. Credo ci sia una specie di tacito accordo. Ti pagano meno perche' sanno che puoi scomparire da un momento all'altro. Non ci andare piu' comunque e non ci pensare: e' un loro problema".
"E' un po' anche il mio - torno a dire - Anche se i tre turni erano in momenti infelici, avevo ormai fatto amicizia con i cuochi. Sai, una partita a marafone, una pizza extra, un biglietto della lotteria. Mi dispiace tirare loro un pacco imprevisto...".
"Silvio - mi dice Federico - e' un lavoro. Non dovresti legarti alle persone". "It's only a fucking job - conclude Salo - sei li' per i soldi. Hai trovato di meglio e basta".
Questa mattina non sono andato. E, mi sembra, il mondo gira ancora perfettamente.
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