(testo curato per Ambiente Informazione, n. 1/2013.
Introduzione allo speciale sul cicloturismo in italia)
Introduzione allo speciale sul cicloturismo in italia)
Poesia, business, convinzione di cambiare il mondo. Parlare di cicloturismo significa prendere contatto con questi tre ingredienti e intraprendere una corsa a tappe che unisce, tra continuità e rivoluzioni, le gesta dei ciclo-poeti romagnoli di fine Ottocento (Antonio Panzini, Olindo Guerrini, Alfredo Oriani), gli ambientalisti americani di Critical Mass, e gli indotti dell'industria turistica.
Il cicloturismo è oggi un tema al centro del discorso pubblico. Lo scrive Tino Mantarro su un recente numero della Rivista del Turismo (n.3/2012), la pubblicazione del Centro Studi del Touring Club Italiano, l'associazione che nacque nel 1894 a Milano proprio come club ciclistico e che tra le sue prime azioni, volute dal futuro presidente Luigi Vittorio Bertarelli, promosse la pionieristica pedalata Milano-Roma del 1895. Citando Alberto Fiorillo, autore di No Bici, Mantarro apre lo speciale “In viaggio su due ruote”, scrivendo: “Ci sono tante tribù e lo stesso ciclista può fare trasversalmente parte ora dell'una ora dell'altra. Ci sono i ciclisti da passeggio, quelli che usano il mezzo soltanto la domenica, gli sportivi, gli amatori, i feticisti che la tengono come fosse un quadro, i filosofi della decrescita, i pieghevolisti e alcuni insistenti rompiscatole che sostengono l'impossibilità di andare semplicemente da una parte all'altra pedalando: bisogna aderire a un manifesto, devi avere una determinata bici, comportarti così, vestirti così”.
Lo speciale sul cicloturismo ospitato su questo numero di Ambiente Informazione contempla in parte tutti questi aspetti: il progetto della ciclabile Venezia-Torino lungo il Po'; la mappa europea di Eurovelo con i suoi dodici itinerari su scala continentale per un totale di 70.000 km; l'attività della FIAB – Federazione Italiana Amanti della Bicicletta – che perora l'impegno italiano a favore delle ciclovie; le donne di Follow the Women che dal 2004 attraversano in bicicletta Libano, Siria, Giordania, Israele e Palestina come forma di sostegno ai diritti civili. E poi ancora piccoli imprenditori e grandi appassionati che raccontano la loro idea di viaggio su due ruote lungo i percorsi della loro terra, dal Veneto alla Puglia.
Tra questi piccoli imprenditori nei primi anni Ottanta c'era anche Luigi Parmeggiani, membro fondatore dell'AIGAE, e titolare di Verde Natura, uno dei primi cinque tour operator italiani del segmento natura per livello di fatturato e ricchezza del catalogo. “Era il 1985 – racconta Luigi – quando feci le mie prime vacanze in bicicletta: due coppie, in treno, ai castelli della Loira. Avevamo bici senza cambio, perché ancora le mountain bike non erano arrivate, caricate una sull'altra separate solo da una coperta. Scoprii così quello che per me era il modo di viaggiare più bello del mondo. E quasi per gioco, mie trekking, orienteering, proposte in ambiente di due giorni con le scuole, soggiorni estivi coi comuni, aggiunsi l'organizzazione di un viaggio in bici in Francia. Feci due gruppi: all'epoca composti da ragazzi tra i venti e i trenta anni con cui pernottavamo in tenda”.
Da lì il via alle operazioni: la collaborazione con il tour operator francese Randonnée Natura-Avventura per promuovere la Francia al pubblico italiano; dal 1998 l'avvio della collaborazione con un'agenzia viaggi di Modena e la nascita della Compagnia della Natura, con un catalogo di viaggi a piedi e in bicicletta che copriva tutto il settore del turismo verde e del turismo attivo; poi l'arrivo di Alpitur, che rileva il marchio ma che nel 2005 decide di chiudere il comparto, e Luigi che dà vita a un tour operator nuovo. “Oggi – sintetizza Parmeggiani – Verde Natura fattura per il 50% con turisti stranieri e per il 50% con turisti italiani: prevalentemente, i primi coprono il periodo primaverile e autunnale, mentre i secondi la stagione estiva. Il catalogo comprende oltre 150 proposte anche se il 70% del fatturato poggia su pochi itinerari. La clientela di Verde-Natura, per metà individuale, per metà di gruppo, è sempre più raffinata, ha bisogno di percorsi semplici e pianeggianti, lungo i quali la natura sia sempre affiancata alla cultura, a pochi passi dalle città e dai luoghi resi celebri dal cinema, dalla musica e dalla letteratura”.
Il prodotto turistico di Verde Natura – un soggiorno di una settimana in alberghi a tre stelle, con trasporto bagagli e, in alternativa, o guida o road book – sfugge alla crisi. Fino al 2008 il fatturato registrava tassi di crescita del 35% annuo e ancora l'anno scorso il bilancio parlava di un più 15%. Un trend in sintonia con gli indicatori dell'intero settore (vedi Formato Roberto - Cicloturismo: strategie di sviluppo e benefici per le destinazioni turistiche), che quantificano positivamente sia l'indotto dei cicloturisti individuali, sia i margini di profitto degli intermediari. Il cicloturismo, che con la sua presenza determina scelte virtuose nell'ambito delle politiche della salute e della pianificazione ambientale, copre il 60-70% del volume totale di pernottamenti lungo la ciclabile del Danubio, genera un indotto di 120 milioni di sterline in Gran Bretagna e un fatturato di dodici milioni di euro in Germania, dove nel 2008 erano attivi oltre 150 tour operator specializzati per oltre 150 mila pacchetti venduti.
La genesi di questo fenomeno industriale, partita su scala internazionale nei primi anni Novanta, prima con l'ambizione di creare circuiti dedicati, poi sempre più approfittando della viabilità ordinaria in disuso, poggia su alcune dinamiche sociali profonde. “L'uso della bicicletta – scrive ancora il Centro Studi del TCI - è diventato un'espressione efficace, nonché di moda, di un nuovo lifestyle urbano”. Come, lo spiega più in dettaglio Roberta Zardi in Il cicloturismo: un prodotto turistico a sostegno dell'identità soggettiva. L'economista racconta come, dopo la parentesi dei viaggi di massa interamente eterodiretti figli della società industriale, la vacanza sia diventata, all'interno delle economie di beni e servizi, un mezzo per esprimere la propria individualità. E così al vacationer – al viaggiatore per sole, sabbia e sesso – si è affiancato il sightseer, il viaggiatore con l'ambizione di essere autodiretto anche nell'alveo del turismo organizzato, un viaggiatore attratto dalla strada e dal desiderio di sperimentare e sperimentarsi in modelli di vita alternativi al proprio.
Un turista, il sightseer, che spesso ha sposato il viaggio in natura e il viaggio sportivo come metafora di forza, energia e libertà, facendo della sua scelta di vacanza un indice di coscienza ambientale, emancipazione dalla società dei consumi, sostegno alle comunità visitate e un motore di socializzazione. Insomma, chi oggi sale in bicicletta e si unisce a un tour organizzato è una persona in cerca di un'identità più definita, che individua nel tempo libero un recupero della propria creatività: decide di pedalare per testimoniare la propria indipendenza dai grandi circuiti del turismo di massa, ma al contempo lo vuole fare in gruppo perché quel viaggio così ribelle ha un po' il significato di un rito iniziatico per una società tribale e diventa un tesserino di riconoscimento per avvicinarsi con fiducia a persone che condividono il suo anelito ribelle.
Come testimonia l'articolo che qui segue su Follow the Women o il simpatico pamphlet francese Piccolo trattato di ciclosofia7, in cui si parla a più riprese della rivoluzione sulla strada, il valore simbolico del viaggio in bicicletta diventa talora forma di partecipazione politica, pratica di difesa dell'ambiente e della tradizione. In questa cornice è divertente ritornare alle origini, percorrere con il fondatore del TCI Luigi Vittorio Bertarelli, con gli scrittori romagnoli Alfredo Panzini, Olindo Guerrini, Alfredo Oriani, le strade ancora sterrate di un'Italia nata da pochi decenni, su cui questi intellettuali di cultura e nobile lignaggio iniziarono a forgiare l'epopea del viaggio in bicicletta che oggi sottostà tanto ai tour operator che commercializzano un itinerario, quanto agli ambientalisti che si costituiscono a lobby in difesa della natura. “Il piacere della bicicletta – scrive Oriani nel suo celebre resoconto di inizio Novecento – è quello stesso della libertà, forse meglio di una liberazione. Andarsene ovunque, a ogni momento, arrestandosi alla prima velleità di un capriccio, senza preoccupazioni come per un cavallo, senza servitù come in un treno. (…) Non è il viaggio o la sua economia nel compierlo che ci soddisfa, ma la facoltà appunto di interromperlo e di mutarlo, quella poesia istintiva di un'improvvisazione spensierata, mentre una forza orgogliosa ci gonfia il cuore nel sentirci così liberi”. E' sulla scia di queste parole che, spiega lo storico dello sport Sergio Giuntini, “la bicicletta acquista una sua prima connotazione politica e sociale”, trasformandosi in un tramite tra aristocrazia, borghesia e popolo, tra città e campagna, in un volano per l'emancipazione della donna. Ma è però proprio Giuntini che ci ricorda come agli albori questi precursori del pedale e i loro mezzi meccanici fossero in realtà stati etichettati come l'auto ai giorni nostri: minacce alla tradizione, violazioni alla poesia del viaggio a piedi o a cavallo. Matilde Serao definì la bicicletta “l'atroce macchina”, mentre Giosuè Carducci volle stigmatizzare quei nobili dalla vocazione alla pedalata “arrotini arrabbiati”.
Un secolo dopo, la bici è, come leggerete negli articoli di questo speciale “uno strumento lento a misura di sguardo sui luoghi che si attraversano”, “il mezzo adeguato al nostro paesaggio”, “veicolo di pace e uguaglianza”. Tra queste definizioni antitetiche è passato un secolo in cui il turismo ha permeato i valori fondanti della vita moderna. “I turisti – scrive l'antropologo svedese Orvar Lofgreen - hanno inaugurato nuovi modi di guardare il paesaggio, di occupare e reclamare un proprio spazio, alla ricerca di nuove esperienze e nuove conoscenze”, e le imprese turistiche hanno creato “uno strano miscuglio di ostinato tradizionalismo e costante ricerca della novità”.
Questo sistema e il suo protagonista, “l'homo turisticus”, sono attori principali nel nuovo universo della rappresentazione individuale e geografica dei social network. “Dal 2005 – conclude Parmeggiani – non facciamo più fiere, né stampiamo più cataloghi cartacei. Ho delle persone che tre pomeriggi a settimana lavorano su facebook. Abbiamo un blog di Verde Natura e ogni guida che lavora con noi ne ha uno personale in cui pubblica un diario itinerante. Pubblichiamo news sul mondo della bicicletta, sui viaggi e sui libri che ne parlano. Costruiamo il patrimonio di informazioni con cui restiamo vicini ai nostri viaggiatori”.
L'identità della bicicletta che in un secolo è già stato minaccia di progresso, icona ambientalista, motore poetico, elemento di business, strumento di lotta politica, attende dunque il suo nuovo documento di identità dal profilo facebook con più amici. Buona lettura e buona strada.
2 commenti:
Non conoscevo, pur appassionato di ciclismo sportivo rigorosamente d'epoca, questa bella pagina di storia, che mi sono affrettato a divulgare.
Certo che ti era sfuggita. L'ho partorita poche settimane fa ed è uscita in anteprima su Ambiente Informazione (n 1/2013). Grazie per la condivisione!
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