Leggende romagnole, avventure metropolitane, suggestioni dal mondo e altre divagazioni in evoluzione pluriennale.
domenica, giugno 13, 2010
Dove abito?Breve riflessione su un'unità pluricentrica
Mi sono accorto di recente che non riesco più a rispondere in modo efficace alla domanda dove abito. Non sono un nomade nel senso chatwiniano del termine: non mi muovo verso mete sempre nuove e sempre estranee con uno spirito da antropologo naif. Non faccio nulla di simile, non è per quei viaggi che fatico a dire dove abito. Non ho perso le radici. No, è il contrario: ne ho costruite diverse, numerose, lunghe, talvolta lontane, talvolta perfino troppe, ma tutte equamente fondamentali. Non abito a Bagno, dove lavoro. Non abito a Rocca, dove sono nato. Non abito a Bologna, dove amo. Non abito a Forlì dove ho amato. Non nei monti, dove cammino. Non abito in nessuno di questi luoghi: abito in movimento costante tra di essi, in case che attraverso in punta di piedi senza lasciare tracce forti se non ciò che ogni passaggio tendo a dimenticare, se non ciò che gli altri fanno al posto mio per preparare il nuovo benvenuto. Io non faccio nulla di ciò che abitualmente fa chi abita: io non lavo, io non cucino che poco, io non faccio la spesa, io non decoro. Però contamino: una volta viaggiavo solo tra un luogo e l'altro, ora invece porto con me in ogni dove il luogo che lo ha preceduto e quello che lo procederà. Tante geografie sconosciute, lentamente, a diverse velocità, stanno diventando una geografia unica, un tempo unico, un ritmo uniforme. Nel mio pulviscolo abitativo è come se si fosse formato un nucleo: tante particelle vi convergono, altre forse se ne allontaneranno. Ma la nube ha una forma, forse si potrebbe dire anche un'identità. Sì ce l'ha sicuramente. Lo posso dire perché perché tutte quelle radici, anche se sono difficili da riassumere in una risposta, sono lo stesso l'embrione di una base. E dopo tanto lavoro sotterraneo, mi sento leggero al punto da puntare in alto verso la chioma, prendere il vento e, con i capelli un po' scompigliati, guardare il panorama fin lontano lontano. Forse anche partire, con il desiderio febbricitante di andare e il piacere quieto di tornare.
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