"Questo è Beniamino, o meglio, era Beniamino a Trebbana. Non potevo non informarti dell'esistenza di Beniamino, perchè per me Trebbana era anche lui!"
(Valeria, brillante commentatrice di questo blog)
(Valeria, brillante commentatrice di questo blog)
Non era facile andargli a genio. Beniamino, il custode di Trebbana, era un omone sulla quarantina dai modi ursini, con alle spalle una vita da camionista. Dalla finestra dell’antica abbazia che aveva accettato di custodire per poche lire, salutava i viandanti con un urlo poco rassicurante: “mooostriiii” ululava rompendo il silenzio di quei tramonti con le nuvole a forma di cuore. Pochi gli andavano veramente a genio e ciò spiegava la sua scelta eremitica. Era come un animale selvatico: schivo, pauroso, a tratti terrificante.
Però ad alcuni, baciati da un’alchimia personalissima, riservava un’ospitalità focosa. Quando il padrone dava il suo assenso tutti gli animale del cortile scodinzolavano a festa. Era un’orchestra che accompagnava l’eletto di turno fino alla porta di casa per scoprire il lato dolce del losco figuro: un mondo di vino e di cibarie protetto da una porta privata sul lato destro dell’ingresso. Beniamino serviva le sue scorte con il condimento della filosofia che nutriva rubando parole alle frequenze di radio rai e ai libri che leggeva in abbondanza.
Fu proprio per restituire un libro preso a prestito che la giovane musicista venuta dalla pianura scoprì che Beniamino non abitava più a Trebbana. Se n’era andato. I più dicevano che era tornato tra i civili, rubato al suo eremitaggio dal richiamo di una donzella di Grisignano.
A Valeria rimase il libro e la nostalgia per l'omone che le rendeva ancora più magico quel luogo.