Vorrei vivere 24 ore al giorno con la lucidità del momento che anticipa il sonno. Sono sicuro che sia capitato anche a voi: d'inverno, con le coperte che sembrano proteggervi dal mondo intero, scivolare piano piano verso il sonno pieno e, pochi attimi prima di cedere a esso, rivivere gli eventi vicini e lontani e vedere di fronte a voi, nitide, le cose che dovete fare per comporre al meglio, per voi e per gli altri, il mosaico dei vostri giorni a venire. Al momento sembra tutto così ovvio e, in onestà, credo davvero che lo sia: uno, due, tre e il gioco è fatto. Solo che lì per lì il sonno ormai vi attanaglia: allora, soddisfatti per l'intuizione appena avuta, rimandate tutto al giorno dopo. “Appena mi sveglio – vi ri-promettete – mi annoto tutto”. Ma il giorno dopo, nulla, niente, vi tormentate le meningi per recuperare quei pochi, semplici pensieri, ma invano: andati, persi, intrappolati chissà dove. Secondo me quei bastardi riemergeranno tutti in una volta solo alla fine, per farci ripercorrere, con il canonico amaro in bocca, tutto quello che sarebbe dovuto essere, ma, per colpa nostra e nulla più, non è stato.
Ieri sera, per esempio. Ricordo, già un po' sonnacchioso, di aver chiuso le pagine di Jorge Amado, perché i miei pensieri mi sembravano infinitamente più interessanti. E non perché Amado fosse noioso, ma perché proprio mi pareva di aver trovato la quadratura del cerchio, la grande teoria in cui avrei potuto ricondurre in un unico affresco amori abbandonati, amanti renitenti, parenti trascurati, colleghi delusi, amici offesi e tanto, tanto altro ancora. Ero assolutamente sicuro di raccontarmi tutta la verità, senza nessuna autocensura a fin di bene per la mia coscienza, e che la verità, amichevole come non mai, mi spiegasse, tra una birra e un peperoncino farcito, il sentiero da tenere per imboccare la retta via.
Figuratevi che avevo trovato anche le battute giuste per restare vicino all'amore del momento. Era come se mi ci vedessi sotto le coperte di quel recente pomeriggio di inverno: io, il simpatico cagnetto e, appunto, l'amore del momento. Da un lato, il mio lato, la voglia di dare, ricevere, pretendere e ricambiare, ma non promettere: per evitare, nel dubbio, il bivio tra il tutto e il niente a cui le promesse portano. Dall'altro lato, il lato dell'amore del momento, la curiosità ritrovata e una profondità appena sfiorata e tutta da esplorare, ma anche il desiderio di essere venerato, unico e perfetto, in un futuro certo e senza fine.
Tra quegli sguardi d'intesa che chiedevano rinunce senza rimpianti, il dialogo, scarno, diceva tutto.
“Andrai a camminare domani?”.
“Sì”.
“Davvero? Non me l'avevi detto. Pensavo di aprirmi. E allora non lo farò”.
Pochi giorni dopo quel momento, lì nel letto, solo, prima di addormentarmi, ero sicuro di aver trovato il proseguimento ideale di quel dialogo. Scorreva così bene e dopo di esso tutto era così fluido. Io volavo leggero, senza il peso delle promesse. E l'amore del momento mi seguiva per aria volteggiando con me senza paura di precipitare nel baratro di un futuro troncato.
Con le palpebre che scendevano e il libro di Amado che dondolava nelle mani mi dissi, questa volta sicuro al cento per cento, che il giorno dopo, appena sveglio, mi sarei annotato quelle parole brillanti che, come la vista di Dio, richiudevano passato e futuro nella perfezione di un attimo eterno. Il giorno dopo fui di parola. Apriii le virgolette sul bloc notes come chi si appresta a riportare la frase esatta di un discorso seguito senza interferenze. Ma la penna si fermò lì come al solito, le parole udite la sera prima del sonno non c'erano più.
Non ci diedi neppure troppo peso. Come i giorni prima, come molte altre persone, come forse tutte, iniziai la mia giornata così come avevo iniziato la precendente: con qualche dubbio, un po' di senso di colpa e alcune speranze.
3 commenti:
Caro Silvio ho visto il tuo commento nel mio passato e presente.
Eccomi per conoscerti meglio.
Buona serata caro nuovo amico,
Tomaso
Riflessioni nient'affatto comuni.
Riflessioni di un personaggio che ha le sue stranezze: sempre più libere di scorazzare dentro e fuori di sé.
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