E' giovedì 9 dicembre. Sul porto di Genova torna il traffico di un giorno di lavoro e la luce di un sole estivo. Uomini con i volti scavati da vicoli stretti e da orizzonti larghi fumano sigarette attorno a piccoli tavoli tondi. Dentro, un uomo di colore, forse alto due metri, beve il suo caffè.
Il barista, carne albina e accento ligure, chiude il rubinetto e si volta verso le sue donne: la moglie creola, forse caraibica, e la figlia meticcia che riassetta la cucina assieme al compagno cinese. "Ragazze - chiede -, ma il marocchino è passato a pagare?".
2 commenti:
Sto iniziando ad apprezzare Genova, anche se credo che se resto nelle vie del centro non posso catturarne alcuni degli aspetti più autentici, come questo.
Sara
Conosco troppo poco Genova per dire se quanto ho catturato io una mattina al bar sia autentico. Però la scena era davvero esilarante. Nessuno tollerava nessuno, perché non ce n'era bisogno: era semplicemente naturale che fosse così, tutti insieme allegramente diversi.
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