Leggende romagnole, avventure metropolitane, suggestioni dal mondo e altre divagazioni in evoluzione pluriennale.
sabato, aprile 10, 2010
Verghereto: canyon di marna nel Fosso Grosso
2 commenti:
Marco
ha detto...
Foto giusta anche questa, Silvio, che stuzzica un pò la mia fantasia. L'asprezza e la desolazione del Fosso Grosso, mi ricordano vagamente i luoghi dell'inferno dantesco interpretati da Gustave Doré. Tuttavia, i colori tenui e qualche arbusto, da te sottolineati, mitigano l'orrido ambiente e lo trasformano nella versione romagnola della pena eterna. Da un momento all'altro ci si aspetta di vedere gli sventurati ospiti con un fiasco di sangiovese in mano. Una mano pietosa, mossa forse dalla compassione, glielo ha allungato per mitigare l'arsura incombente. Chissà se sarà così? :-)
probabilmente l’analogia che evochi ha qualche fondamento storico. Dante nel suo esilio viaggiò da Firenze verso Ravenna valicando l’Appennino proprio dove io oggi vado a passeggiare: è facile dunque che quelle montagne arcigne, specie nei ripidi versanti romagnoli, abbiano suggerito al poeta alcuni spunti scenografici. Del resto alcune mulattietre sanno essere un inferno di scomodità, una vera dannazione per chi ci si deve spostare per necessità.
Per fortuna però io ci passeggio per piacere. E in quel contesto il generale abbandono è un vantaggio, perché ti fa sembrare più elitario e autentico il gusto che provi.
2 commenti:
Foto giusta anche questa, Silvio, che stuzzica un pò la mia fantasia. L'asprezza e la desolazione del Fosso Grosso, mi ricordano vagamente i luoghi dell'inferno dantesco interpretati da Gustave Doré. Tuttavia, i colori tenui e qualche arbusto, da te sottolineati, mitigano l'orrido ambiente e lo trasformano nella versione romagnola della pena eterna. Da un momento all'altro ci si aspetta di vedere gli sventurati ospiti con un fiasco di sangiovese in mano. Una mano pietosa, mossa forse dalla compassione, glielo ha allungato per mitigare l'arsura incombente. Chissà se sarà così? :-)
Caro Marco,
probabilmente l’analogia che evochi ha qualche fondamento storico. Dante nel suo esilio viaggiò da Firenze verso Ravenna valicando l’Appennino proprio dove io oggi vado a passeggiare: è facile dunque che quelle montagne arcigne, specie nei ripidi versanti romagnoli, abbiano suggerito al poeta alcuni spunti scenografici. Del resto alcune mulattietre sanno essere un inferno di scomodità, una vera dannazione per chi ci si deve spostare per necessità.
Per fortuna però io ci passeggio per piacere. E in quel contesto il generale abbandono è un vantaggio, perché ti fa sembrare più elitario e autentico il gusto che provi.
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