Alzai lo sguardo verso l’alto, verso la volta musiva della basilica di San Vitale a Ravenna. Non per la prima volta in assoluto, questo no, ma per la prima volta alla ricerca di un frammento di me stesso dal recente passato. Fissai gli occhi del Cristo e la memoria fece riaffiorare le parole che l’egittologo John mi aveva detto al Cairo la sera prima della mia partenza per il Monastero di Santa Caterina nel Sinai. “Le icone – mi disse John allora con un Macintosh surrealmente adagiato di fronte al piatto – non sono fatte per essere guardate, ma per guardare. Sono lì ferme, immobili, stilizzate: completamente irrealistiche ma altrettanto penetranti. Finché sono sole non dicono nulla, ma, prova a guardarle, prova a fissare il loro sguardo che non si abbassa mai, e allora diventeranno porte per un viaggio infinito. Le icone non dovevano decorare; dovevano dialogare, essere specchio dell’anima e finestra sulla perfezione del divino”.
Rimasi immobile sotto quegli occhi costantemente aperti e mi chiesi come fosse possibile che non l’avessi mai notato prima. Ma fu solo il disappunto di un momento. Ero stato lontano, avevo ascoltate parole straniere e ora ero lì, a pochi passi da casa mia, e la compagnia di quei ricordi si fondeva con la conoscenza di me e della mia terra.
Sentii l’inevitabile piacere di qualcosa che si univa. Era come se lo vedessi: due ricordi destinati a perdersi erano ora uniti da un ponte che li avrebbe sorretti entrambi. Prima erano deboli e solinghi; ora erano forti e spavaldi. Semplice, efficace, immensamente piacevole.
Abbassai gli occhi sulla persona che stava in piedi con me sotto la cupola.
“Ti è venuto in mente qualche lunga storia da scrivere?” mi chiese con il tono di chi ha voglia di piacere e sa come farlo.
“Non esattamente” risposi un po’ furbetto, con il tono di chi finge di conoscere le regole del gioco, ma ha in realtà tanta voglia di starci, al gioco, e di scoprire le sue carte al mondo intero.
“Non esattamente” ripresi. Poi, appesantito dal mistero, ma anche conscio del suo fascino, risposi sibillino: “In realtà, sì, avrei voglia di scrivere come non mai, ma solo una storia non semplice, la storia che unirebbe me e il mondo come il ponte tra i mosaici di Ravenna e di Santa Caterina”.
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