Verso la meta' del secolo scorso, il viaggio dall'Europa all'Australia era un'odissea di sette settimane. Le imbarcazioni raccoglievano gli emigranti da tutti i principali porti europei, poi facevano rotta verso il canale di Suez, circumnavigavano la penisola indiana e approdavano a Fremantle, sulla costa occidentale dell'Australia. Quella piccola localita' vicina a Perth era il primo punto d'attracco del nuovo continente, prima di proseguire per Adelaide, Melbourne e Sydney, costeggiando tutta la costa sud. "Per un bambino come me - racconta Frank, uno dei quaranta abitanti di Vivonne Bay (foto)- era una magica esplorazione". Frank, che ora si avvicina ai settant'anni, allora ne aveva solo una decina, ma il suo ricordo del primo viaggio tra la Germania e il Sud Australia non e' stato scalfito dal tempo. "Ricordo molte cose perfettamente", prosegue. "Ricordo il taxi che mio padre noleggio' per poche lire durante il nostro scalo al Cairo e ricordo l'odore dell'India, cosi' forte che invase il ponte della nave quando ancora eravamo a tre giorni di navigazione dalla riva".
Quando Frank mi parla, a Vivonne Bay, nella costa sud occidentale di Kangaroo Island, e' in corso il rituale che si ripete quasi inalterato ogni fine settimana. E' uno scarno e schietto omaggio allo stare insieme. Alcuni locali lo chiamano "road party", perche' quando la notte avanza si esce di casa per consumare le ultime birre ai margini delle vie sterrate della frazione, alla luce di un fuoco improvvisato dentro un bidone.
La cena di questa meta' di giugno e' ospitata da Jimmy, soprannome del falegname Dean. La sua casa e' uno dei luoghi piu' battuti. Jimmy ha gia' qualche capello bianco e una figlia di due anni che scorrazza tra i giocattoli sparsi sul pavimento, ma la sua casa ha lo stesso la forma di un pub. Di fronte alla cucina c'e' il banco del bar con gli scabelli per gli ospiti; da un lato ci sono le mensole degli alcolici, con una collezione di spirits da tutto il mondo; e, sulla parete opposta, un vecchio giradischi fa ancora gracchiare una copiosa collezione di 33 giri. L'atmosfera creata e' volutamente quella di un rifugio di montagna: tutto e' intagliato in un legno scurissimo, le luci sono soffuse e la sagoma imbalsamata di un orso bruno occupa lo spazio lasciato libero dal mobiglio. Anche il caffe' che serve Becky, ha un'aroma alpina. Alla miscela che esce dalla sua Makita vecchio stile, la donna di casa aggiunge Amaretto di Saronno, panna e un cucchiaio ricoperto di cioccolato, mescolando una bevanda dal sapore caldo, cremoso e leggermente alcolico.
Solo il menu' ricorda che Vivonne Bay e' affacciata sull'oceano, cosi' vicina che le onde si sentono ovunque. Il piatto piu' ricco e' una copiosa teglia di ostriche, ricoperte di pomodoro, formaggio e bacon. Attorno a esso e' riunita una compagnia ristretta, a tratti allargata da un bevitore di passaggio sulla via per un'altra cena. Oltre a Dean e Backy, cognato e sorella di Brenton, l'apicoltore che mi ospita, c'e' lo scalpellino Matthew, il costruttore Dave e appunto Frank con la moglie Sylvia.
L'emigrato tedesco e' quello che mi parla di piu'. Forse perche', con la sua pionieristica esperienza di fattore in tutto il sud, e' quello che piu' ha da raccontarmi sulla storia di un paese a cui ormai appartiene interamente. Il suo racconto parte dal 1901, quando l'Australia si diede l'attuale assetto federale. Il governo approvo' all'epoca una nuova Costituzione, rivoluzionaria anche a livello sociale: per la prima volta la legge bandiva la schiavitu' aborigena. Anche i neri statuiva il documento erano manodopera degna di essere remunerata. "Per i fattori del tempo - narra Frank - fu un duro colpo. Pochi di loro fecero marcia indietro dalle loro posizioni razziste. Molti invece passarono al reclutamento di lavoratori dall'Europa. Fu in quei giorni che parti' la piu' grande ondata migratoria dalla Germania verso l'Australia. I nuovi migranti si insediarono spesso nelle comunita' tedesche gia' esistenti: interi paesi infatti erano stati trapiantati molti decenni prima, quando la Germania non era ancora una nazione e la caduta di un principe poteva costare la terra a tutti i suoi sudditi".
Frank mi versa un bicchiere di vino, un pregiato Shiraz dell'isola. "Sole in bottiglia", mi dice spostando la conversazione sulla partita di football che silenziosamente occupa lo schermo alle nostre spalle. Mi chiede se mi piace il "footy". Capisce che ne so poco e ne apprezzo ancora meno e allora tenta un arringa a difesa di una delle fedi sportive di questa terra. "E' uno sport rude, ti capisco, ma la sua storia e' un tutt'uno con la storia di questa nazione".
Il racconto di Frank parte questa volta dall'India. Nel dominio britannico, i primi coloni inglesi si trovarono a fronteggiare un estate tropicale con temperature intollerabili. Occorreva dunque un passatempo per cancellare la noia dei lunghi giorni afosi: un passatempo lento e poco dispendioso a livello fisico. Nacque cosi' il cricket: un antenato del baseball, dove le partite durano giorni e i giocatori si fermano per il te' piu' e piu' volte durante ogni match. Il gioco all'inizio fu concepito in maniera cosi' rilassata che, per le fasi di corsa, era addirittura previsto il ricorso a uno schiavo.
Il cricket si estese rapidamente a tutte le altre colonie inglesi, compresa la colonia penale piu' grande: l'Australia. I galeotti si trovarono pero' a fronteggiare un nuovo imprevisto climatico: il freddo dei mesi invernali, ostile a uno sport statico. Serviva dunque un palliativo per rimanere in forma tra una stagione e l'altra, uno sport tutta corsa e fiato. Gli Australiani buttarono giu' allora le prime regole del loro football, un gioco senza troppi limiti e ospitato in un campo di dimensioni quasi doppie rispetto a quelle del calcio. "Si stima - mi dice Frank al termine del suo racconto - che un giocatore professionistca corra oggi piu' di 20 Km a ogni incontro".
Quando Frank si allontana, Brenton e altri avventori mi mettono in guardia sull'attendibilita' della storia. Ma ne' per loro, ne' per me e' quello il momento migliore per aprire un libro e cercare conferme. Il road party e' ormai nella sua fase calda. Davanti alla capanna degli attrezzi di Jimmy il fuoco e' gia' acceso e nuovi ospiti sono radunati li' attorno per osservare il padrone di casa e i suoi primi ubriachi colpi al nuovo progetto: un cavallo a dondolo per la veranda. La testa ha gia' quasi una forma compiuta e Jimmy e' ottimista sul proseguio. "Con questo e' tutto un'altra cosa", dice mostrando la sua nuova lima, che passa di mano in mano in chiassosa contemplazione. Il feticismo che gli artigiani dell'isola hanno per i loro "hardware" ha da oggi un nuovo totem.
3 commenti:
mamma mia Silvio...non mi posso più permettere di non visitare il tuo blog! se per qualsiasi motivo non riesci a visitarlo tutti i giorni, succede che ti perdi una serie infinita di emozioni. Sei bravissimo, le tue foto sono fantastiche ma i tuoi racconti insuperabili! Se rimani ancora in Australia smetto di comprare libri, stai diventando il mio autore preferito!!
Goditi la tua avventura.
Un bacione,
Raffa
p.s. qui tutti ci chiediamo se hai deciso di rimanere lì o se tornerai prima o poi nella squallida Pianura Padana!
Ciao raffa,
grazie per il calorosissimo e apprezzatissimo attestato di stima. Spero pero' che tu riesca ad apprezzare anche i post di matrice non australiana. Credo infatti che tra un po' tornero' a mettere piede in Italia. Per quanto, grazie al miglioramento della lingua e alla familiarita' con il contesto, questo sia forse il periodo piu' carico di esperienza, mente e corpo abbisognano di una tregua e di qualche giorno ordinario tra facce d'infanzia e tortelli materni.
Giusto in queste ore, sfruttando il collegamento satellitare fortunosamente finitomi sotto mano (ancora per poco...), sto cercando di bloccare la data del mio rientro in Italia. Dico "sto tentando" perche' e' un'avventura tra le piu' ardue. Sono partito alcuni giorni fa contattando la Malaysian Airlines direttamente: nulla di fatto, perche' il biglietto non era stato emesso direttamente da loro. Il gentile omino della compagnia mi ha allora dirottato alle agenzie di viaggio Sta Travel. Ho chiamato il loro numero verde, stando al quale a Kingscote esisteva una filiale. Peccato che fosse un altro Kingscote: non a Kangaroo Island, ma in New South Wales, a circa 2000 Km di distanza. Ho allora ricontattato il numero verde e alla terza consultant ho finalmente trovato una risposta affermativa. Inviando il biglietto via fax (fosse facile, qui...), potevo effettuare la mia prenotazione senza recarmi ad Adelaide personalmente e perdere dunque l'occasione di un'escursione con gli abitanti dell'isola. Sono riuscito a inviare il fax ieri e oggi dovevo avere la conferma telefonica, non attraverso il mio cellulare, che non riceve mai, ma attraverso il telefono fisso della fattoria presso cui staziono. Era dunmque urgente che la chiamata arrivasse prima di ogni mio ulteriore spostamento.
Nel tardo pomeriggio di oggi, pero', il telefono non aveva ancora squillato e la segreteria non riportava messaggi. Ho allora preso una decisione risoluta. Dalla remota Vivonne Bay ho telefonato direttamente al Cts di Largo Respighi a Bologna. Ho parlato con Cristina, la stessa gentile operatrice presso cui a dicembre avevo acquistato il biglietto. In pochi istanti la prenotazione e' stata effettuata. "L'unico problema - mi ha detto Cristina - e' il rischio di una doppia prenotazione, nel caso che anche Sta Travel la effettui". "Domani telefonero' per interrompere la loro pratica - rispondo - ma sono cosi' lenti che probabilmente nulla sara' ancora in marcia". Peccato invece che, praticamente in contemporanea alla mia telefonata, la fottuta Lucy di Sta Travel avesse effettuato la prenotazione, segnalandomela per posta anziche' per telefono come pattuito.
Risultato: ora ho due prenotazioni sovrapposte. Domani mattino spero, ma non ne sono certo, di riuscire senza sovraspese economiche di cancellare la prenotazione effettuata dall'Australia.
Se tutto questo avra' un esito positivo, il 24 luglio alle 6 del mattino mettero' piede a Fiumicino.
Prima di allora, chiusa la parentesi di Kangaroo Island, non mi resta che una breve sortita a Perth nella lontanissima costa occidentale. Vi restero' solo pochi giorni, per scattare qualche foto e, soprattuto, per godermi il viaggio sulla la ferrovia rettilinea piu' lunga al mondo, stesa per la temibile Nullarbor Plain. Sommando l'andata tra Adelaide e Perth e il ritorno fino a Sydney, saro' sul treno per sei giorni.
Dopo restero' per altre due settimane nella "mia" citta'. Aspettero' che il governo australiano mi ridia indietro le tasse versate in questi mesi. Lavorero' in nero per fare un po' di cash extra e magari un po' di shopping sfruttando i prezzi piu' bassi. E infine mi gustero' un po' di night life e qualche cena, ospite di alcune delle persone presso cui ho lavorato nelle mie prime settimane. Meno poesia insomma, ma dopo sei mesi la burocrazia reclama un po' di spazio.
Un abbraccio e, auspicabilmente, arrivederci alla fine di luglio per qualche marcia appenninica.
silvio
Ma è possibile che te ne succedono di tutti i colori anche se devi solo prenotare un biglietto per rimpatriare?!!!
Va bè, spero che riuscirai a cancellare una prenotazione!
Ma perchè torni il 24?...non ce la faresti per il 21?...ti perdi il matrimonio dell'anno!!!
un bacio,
raffa
p.s. appena torni ti mettiamo sotto con l'organizzazione delle marce appenniniche che senza di te sono sempre più rare!
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