“Chi non viaggia non conosce il valore degli uomini”.
(B. Chatwin)
(B. Chatwin)
E’ autunno, ma fuori fa ancora caldo. In tarda mattinata, la temperatura è oltre i trenta gradi. Nel seminterrato, in laboratorio, gli otto fornelli bruciano all’unisono. L’aria è densa come in allucinazione là sotto. La signora, corpulenta, ancheggia attorno ai fuochi. Sono grandi i fuochi. La signora cammina stancamente e a lungo per fare il giro attorno ai fornelli e ruotare al momento giusto ogni testarolo. E’ un pane semplice, il testarolo, di acqua e di farina. E’ dalla notte prima che la signora prepara senza sosta dei testaroli.
Si asciuga il sudore, poi toglie un pane dal fuoco, lo taglia a strisce e me lo allunga. “Prima sentilo così – mi dice – poi va fuori in giardino. Te lo porto fuori”.
Il giardino è intimo e appartato. Lenzuoli appesi proteggono dalla luce del sole. I due tavoli tondi restano all’ombra. Così come le sedie attorno e i mobili, disordinati, appoggiati al muro. La tovaglia è di carta. Non è un ristorante e non lo sembra.
“Sono con il pesto” mi dice la signora, posando il vassoio a fianco del mio piatto.
“Profumano di buono” dico sorridendo.
La signora si siede in una sedia vicino al muro e appoggia il gomito su un vecchio comodino. Suda ancora, è stanca.
“Perché fai questo lavoro?”, le chiedo.
“Perché l’ho fatto sa sempre. E quado la mia azienda è voluta diventare un’industria, io sono partita con il mio laboratorio. Volevo farli meglio, i testaroli”.
La signora prende una pausa, si schiarisce la voce e si rivolge a me.
“E tu perché viaggi, perché cammini?”.
Mi prendo un pausa anch’io.
“Credo ancora di avere ancora dei motivi per farlo”.