Arrivo a Pitigliano nel cuore del pomeriggio. Il cartello indica l’ingresso dell’autostrada in direzione Orvieto. Ero arrivato due giorni prima proprio da quella direzione, quasi conosco la strada. Ma accosto lo stesso e nel navigatore inserisco destinazione Firenze. Il satellite cerca la mia posizione e la vocina mi suggerisce un’altra via. Allargo lo schermo e vedo un dedalo tortuoso che sale fino da Pitigliano fino a Chianciano. Sono solo, posso sbagliare e perdere un po’ di temo. Ignoro il cartello e seguo la vocina del navigatore.
Destra, sinistra e poi ancora destra. Senza il satellite lassù sopra, sarei già perso. Seguendo la sua vocina, imbocco strade provinciali dai nomi nobili ma dalla carreggiata sempre più angusta. Bivi che sembrano non finire mai. E, ai lati, terra, terra a non finire, giallo oro e nera, curata ma mai decorata. Campi fino all’orizzonte e in fondo all’orizzonte i monti. Percorro le pendici di intere colline glabre, solo poche querce a frastagliarne il profilo.
Ancora un bivio. Quasi non si vede. Questa volta la strada sale, molto. La vocina mi pronuncia un nome elfico: “Strada provinciale montagna di Cet”. Nel cartello, scolorito, leggo a fatica il nome intero: “Montagna di Cetona”. Continuo a salire. Il panorama si allarga, sempre più vasto, sempre più arido.
Quando la strada raggiunge il crinale, vedo sulla sinistra un uomo di mezza età che corre. E’ al bordo della strada. Mette un piede fuori dalla carreggiata e cade, scomposto. Striscia il gomito e urta la coscia. Rallento, lo affianco, abbasso il finestrino e, “Hai bisogno d’aiuto?”, gli chiedo. Lui non mi risponde, non mi lascia il tempo di scendere, né mi guarda. Recupera il suo lettore Mp3, si rialza e riparte.
Inizia a cadere qualche goccia. Segue un forte temporale, la temperatura scende, si capisce che non durerà però. Dal finestrino di sinistra non smette mai di entrare il sole. E da quello di destra, sotto le nuvole, affiorano i riflessi del lago Trasimeno. Laggiù è ancora estate.
Chianciano è ormai vicina. L’autostrada è ormai vicina. Viaggio da più di un’ora e il pomeriggio è quasi sera. Non prendo il caffè a quell’ora di solito, ma faccio un’eccezione. Dopo il Jogger della montagna di Cet, sogno una risposta alla mia domanda.
Destra, sinistra e poi ancora destra. Senza il satellite lassù sopra, sarei già perso. Seguendo la sua vocina, imbocco strade provinciali dai nomi nobili ma dalla carreggiata sempre più angusta. Bivi che sembrano non finire mai. E, ai lati, terra, terra a non finire, giallo oro e nera, curata ma mai decorata. Campi fino all’orizzonte e in fondo all’orizzonte i monti. Percorro le pendici di intere colline glabre, solo poche querce a frastagliarne il profilo.
Ancora un bivio. Quasi non si vede. Questa volta la strada sale, molto. La vocina mi pronuncia un nome elfico: “Strada provinciale montagna di Cet”. Nel cartello, scolorito, leggo a fatica il nome intero: “Montagna di Cetona”. Continuo a salire. Il panorama si allarga, sempre più vasto, sempre più arido.
Quando la strada raggiunge il crinale, vedo sulla sinistra un uomo di mezza età che corre. E’ al bordo della strada. Mette un piede fuori dalla carreggiata e cade, scomposto. Striscia il gomito e urta la coscia. Rallento, lo affianco, abbasso il finestrino e, “Hai bisogno d’aiuto?”, gli chiedo. Lui non mi risponde, non mi lascia il tempo di scendere, né mi guarda. Recupera il suo lettore Mp3, si rialza e riparte.
Inizia a cadere qualche goccia. Segue un forte temporale, la temperatura scende, si capisce che non durerà però. Dal finestrino di sinistra non smette mai di entrare il sole. E da quello di destra, sotto le nuvole, affiorano i riflessi del lago Trasimeno. Laggiù è ancora estate.
Chianciano è ormai vicina. L’autostrada è ormai vicina. Viaggio da più di un’ora e il pomeriggio è quasi sera. Non prendo il caffè a quell’ora di solito, ma faccio un’eccezione. Dopo il Jogger della montagna di Cet, sogno una risposta alla mia domanda.