giovedì, marzo 22, 2007

Broken Hill: panorami su citta' e outback

Broken Hill 
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Outback tra Silverton e Broken Hill

Outback tra Silverton e Broken Hill 
Outback tra Silverton e Broken HillOutback tra Silverton e Broken Hill 
 
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L'auto di Mad Max di fronte al Silverton Hotel

L'auto di Mad Max posteggiata di fronte al Silverton Hotel

Solo una canapa tra la terra e il sole

Il museo ferroviario di Broken Hill stupisce per la storia recente di cui parla. Alle pareti in legno scricchiolanti sono appesi fotografie in bianco e nero e ritagli di giornale che raccontano una storia drammaticamente prossima ai nostri giorni. Drammaticamente perche' il soggetto del narrare sono comunita' sottratte all'isolamento, incidenti in miniera e oiccole innovazioni tecnologiche. E' degli anni '60, per esempio, la notizia della prima locomotiva diesel sulla rete ferroviaria nazionale. E di pochi anni prima e' il lungo articolo dedicato alla gite ad Adelaide che la locale compagnia ferroviaria concedette ai propri dipendenti per le festivita' natalizie del Secondo Dopoguerra. Nelle 2000 battute circa che compongono l'articolo il cronista plaude all'organizzazione, che ha fatto arrivare il treno a destinazione senza intoppi, e al comune di Adelaide che rispetto all'anno precedente ha irrobustito la propria rete urbana di strade asfaltate.

Il pezzo piu' antico di tutto il museo e' sicuramente il portiere. Figura magra, scarna, con sandali da francescano e occhiali tondi e spessi. La sua sagoma appare d'improvviso poco dopo la soglia d'ingresso, appena percepibile dalla feritoia che collega il suo ufficio al corridoio. Non c'e' nessun altro turista a cui chiedere i modesti due dollari per il biglietto e cosi' il dialogo nasce spontaneo, come ovunque in questa cittadina dove incontrarsi per strada a piedi e' gia' un po' una notizia.

"Sono nato qui e ho sempre vissuto qui", comincia dopo un rapido convenevole che non contempla lo scambio dei nomi. "Pero' per qualche anno - prosegue - sono stato molto lontano. Nel '43 mi sono arruolato nella marina e mi sono imbarcato nel Pacifico. C'erano i Giapponesi da combattere".
"Ho letto qualche pagina di storia in proposito", rispondo timidamente. "So che all'epoca e' stata forte la delusione degli Australiani nel vedere il disinteresse britannico verso la propria colonia, con Churchill che richiamava le truppe sui fronti a lui piu' cari".
"Brutti giorni davvero quelli. L'Australia ha veramente rischiato l'invasione", chiosa il vecchio che intanto ha preso in mano un piccolo quadernino. Dentro ci sono tutte le tappe storiche della citta', della ferrovia e quindi anche della sua vita.

"Tu dove vai?"' mi domanda con un occhio alla carta e uno a me. Gli spiego del pass che per 690$ mi permette di viaggiare sei mesi sull'Overland, la linea tra Adelaide e Melbourne, sull'Indian Pacific, la linea tra Sydney e Perth, e la Ghan, la rotta nord-sud tra Adelaide e Darwin.
"Costa di piu' di una volta - commenta - ma una volta era anche un'altra cosa. Sai quante volte dovevi cambiare treno a causa della diversita' dei binari nel viaggio tra il Pacifico e l'Oceano indiano? Beh, non lo ricordo neanch'io, ma un'infinita'".
"E poi la Ghan!", sospira. "Una volta il treno si fermava ad Alice Spring. Dopo si proseguiva con quello che loro chiamavano "bus". In realta' era un rimorchio. Era tutto aperto e i seggiolini erano incavi nelle lamiere. Si viaggiava sotto il sole, per giorni, protetti solo da una canapa".

Mentre bevo il mio caffe' sulla collina di detriti che domina Broken Hill e il suo sterminato outback, mi chido chi viaggiasse in maniera piu' confortevole. Gli Afghani coi cammelli, i pionieri del deserto che hanno dato il nome alla linea (Ghan e' l'abbreviazione di Afghan)? O i passeggieri su un rimorchio rovente?

martedì, marzo 20, 2007

Champagne sotto le stelle tra Silverton e Broken Hill

L'unico vero problema sono le mosche. Nei 25 Km di outback che separano Broken Hill da Silverton pedalare sarebbe un piacere se non ci fossero miriadi di piccole mosche australiane. Pero' ci sono e la loro presenza incide pesantemente sulla carica introspettiva del paesaggio. "Cercano l'acqua", mi spiega un vecchietto sulla jeep alle porte di Silverton. "Per questo si insinuano sotto gli occhiali, ai bordi della bocca e nelle orecchie. Li' fiutano l'umidita'".

Il signore, dall'eta' indecifrabile, si era fermato per controllare che non ci fossero problemi. E problemi non ce n'erano. Io ero fermo per scattare una foto e lui poteva quindi proseguire per l'incrocio successivo dove una vacca la notte prima era stata fatalmente investita. Stavo per ringraziare l'uomo per la cortesia, quando quello si ferma per un ultimo consiglio: "Nella galleria d'arte Horizon, sulla tua destra di fronte al Silverton Hotel lavora una signora di nome Amanda. Ha vissuto 28 anni in Italia con il marito. Credo sarebbe felice di scambiare quattro chiacchiere con te".
"Lo faro' sicuramente",. rispondo stringendogli la mano.

Poche centinania di metri dopo ero nel cuore di Silverton, la citta' fantasma originata dal borgo minerario eretto a partire dal 1883. Al suo massimo splendore Siloverton ospito' circa 3000 anime, ma i filoni minerari piu' pregiati rinvenuti a Broken Hill la posero presto sulla via del declino. Solo pochi edifici sono sopravvissuti all'abbandono. Una decina in tutto, tra cui la vecchia sede del comune, la chiesa metodista, il carcere e il cimitero. Pochi tetti nel nulla, che hanno pero' saputo redimersi dall'oblio reinventandosi con l'arte. Silverton oggi e' sede di 3 gallerie d'arte, che la rendono la capitale della pittura nel Far West, e i suoi ruderi sono stati il set di alcuni film di culto. Su tutti Mad Max, con il giovane Mel Gibson nel 1981. Il Silverton Hotel sfoggia lussurioso le immagini di allora e all'entrata e' parcheggiata l'aggressiva auto sportiva cara al protagonista.

Tempo di un drink e un sandwich per ristorarmi dalla pedalata e sono da Amanda. Amanda e' una signora sulla sessantina, amante della quiete e del bel vestire. In Italia ha ancora una figlia, che lavora a Monza, non lontano da Milano, dove lei ha vissuto. "Ci sono stata poco tempo fa - racconta - ma ormai il mio posto e' qui. Anche mia figlia si e' accorta che ero stanca. Le ho mentito, dicendo che ero felice di esserle vicino, ma in realta' contavo i giorni che mancavano al mio ritorno tra Wallaby ed Emu".
"Penso di poter capire", rispondo. "Il contrasto tra Milano e Silverton e' evidente. Forse persino troppo. Quante persone abitano qui?".
"48 per l'esattezza. Coppie per lo piu'. Pittori per la maggior parte. Piu' qualche solitario amante dei cavalli o dei cammelli
".
"E che fanno nel tempo libero questi solitari spiriti del deserto?".
"Lavorano. Anche sette giorni su sette durante l'estate. E poi fanno festa. Due giorni fa per esempio c'e' stato un party all'Italian Club. Ho sparso un po' la voce e alla fine eravamo piu' di cinquanta, tutte persone conosciute da quando ho preso casa a Broken Hill. Qui le case costano poco e ho potuto permettermi cio' che a Melbourne avrei sognato. E per la mia vecchiaia e' meglio".
"Ma quindi tu abiti a Broken Hill, non a Silverton?".
"Oh si'. A Silverton vengo solo per lavoro. 25 Km non sono poi tanti, a parte in qualche caso particolare. Ieri sera per esempio. La tempesta ha rinvigorito i fossi che attraversano la strada e io sono rimasta bloccata tra due impetuosi corsi d'acqua. Avevo cibo, beveraggi e un buon libro. Ero gia' pronta per una tranquilla serata sotto le stelle insomma. Ma non e' andata cosi'. L'auto che era di fronte a me ha fatto marcia indietro, si e' avvicinata e dallo sportello si e' affacciata un'altra signora con una bottiglia di champagne. "Party?", mi ha chiesto. E cosi' e' stato. Un po' di musica dall'auto radio e un telone tra le due auto per proteggergi dalla pioggia".
"Stento a crederci", dico salutandola.

"Alla prossima", diciamo poi all'unisono in italiano. E' improbabile, ma, considerato il luogo, sono quasi certo che accadra'. Non sarebbe certo la cosa piu' strana successa nei paraggi. Qui, nel capodanno del 1915, due turchi - un gelataio e un macellaio - hanno dato origine allo scontro piu' acerrimo mai registrato nella nazione. Protetti da un carretto per gelati, hanno attaccato un treno carico di famiglie dirette verso il pic-nic: due morti e qualche ferito ricordati ovunque, dal museo ferroviario alla White Cliff Reserve dove c'e' addirittura una riproduzione del fatididico carretto.
Sempre qui, inoltre, e' stato eretto un monumento alla memoria di Wollace Hartley, il pianista del Titanic, quello che suono' sino alla fine del naufragio. Avete letto bene, si', ma non chiedetemi perche' una comunita' che muore di sete nel deserto si sente in dovere verso un transatlantico affondato da un iceberg.

Senza ambire a tanta saggezza, ieri sera ho provato piu' modestamente a chiedere a Sheila, la signora che gestisce l'ostello, cosa stiano a significare la coppia di leoni che campeggia di fronte a molti ingressi di edifici pubblici e privati di Broken Hill. "Un significato l'hanno", mi ha risposto lei confabulando con la collega per avere notizie piu' dettagliate. "Di preciso non so - ha ripreso dopo una pausa - ma certamente hanno un significato protettivo. Si', direi proprio che proteggono la casa di fronte a cui stazionano".
"Ma perche' proprio dei leoni? Non mi sembrano gli animali piu' rappresentativi del luogo!".
"Oopps", ha sobbalzato lei inarcando le spalle e coprendosi timidamente il volto sorridente. "Strange things do really happen in Broken Hill...".

Dal bordello al business e via sull'Indian Pacific

"E' la tua ultima serata a Sydney", mi chiede la biondissima e inglesissima Kelly al mattino. "Allora devi assolutamente fare festa. Una pazza festa".
La pazzia non e' mai stata un terreno a me troppo congeniale e con un semplice spirito investigativo avevo messo in tasca qualche free drink da consumare in diversi locali del centro. Avevo in mente una lunga passeggiata a dorso di birra insomma.

Sulla mia strada ho pero' incontrato una carta di credito. Alan, broker londinese trasferitosi a Sydney per lavoro, l'ha mostrata con sfacciataggine all'uscita dell'ostello aggregandosi a me e Federico senza troppi indugi. "Ho cash e dove non arriva quello ho questa", ha detto beffardamente. Plausibile dal momento che i suoi deliri finanziari gli fruttano 300 mila dollari all'anno.

"This evenening guys, I want to make you drunk". Ha proseguito cosi' con la fermezza di un manager che fissa gli obiettivi annuali dell'azienda. Poi ci ha preso a braccetto e, con il ghigno di chi la sa lunga e per una sera e' disposto a dispensare la sua saggezza, ha aggiunto: "Avete mai visto uno spogliarello qui a Sydney?".

E' cosi' che ho varcato le soglie di Porky's, una delle peggiori bettole del peggiore quartiere di Sydney. Un tempio del vizio seppellito in un tenebroso sotterraneo, a cui si accede scendendo in maniera coincitata la gradinata che separa il mondo dove si parla inglese dal mondo dove strisciano le carte di credito. Denaro sporco che Alan ha fatto scorrere copiosamente imponendo extra alle spogliarelliste e ordinando raffiche di birre e tequila sale e limone. Non per il gusto di bere, quanto per quello di possedere e nebulizzare la realta'.

In viaggio verso Broken Hill, gia' a 200 Km da Sydney lungo l'infinita linea ferroviaria che collega il Pacifico all'Oceano indiano, Alan appare in tutta la sua solitudine. Le infinite praterie ondulate che si estendono a ovest della Great Dividing Range rendono forte il contrasto con l'affarista che la notte prima e' stramazzato sul pavimento dell'ostello, dopo aver pisciato per strada e dopo aver rincorso nudo per la cucina una brasiliana piu' ubriaca di lui. Bisogna essere soli per guadagnare 300 mila dollari all'anno e vivere in un ostello per riuscire a parlare con qualcuno dopo dieci ore di grafici azionari. E bisogna essere soli per cercare in un night club quello che questa citta' offre ovunque. Gratuitamente, almeno a coloro che riescono a interagire senza l'interfaccia di una carta di credito.

Comunque Alan sara' presto a 1000 Km. Tanto dista Broken Hill da Sydney. E' un borgo minerario di circa 15.000 anime nel centro del deserto. Mi ha affascinato la descrizione fattane da Bill Bryson in Down Under e ho deciso di soggiornarvi nella mia lenta marcia verso ovest. Vi restero' tre rilassanti giorni, sino al passaggio del prossimo Indian Pacific, con cui mi dirigero' ad Adelaide e da li' a sud per 400 Km fino a Penola, dove ho gia' arrangiato un lavoretto di raccolta mele per la prossima settimana.

"E' una regione incantevole", mi ha detto Rob, un australiano sulla cinquantina titolare di una grossa impresa di costruzioni. "Assomiglia alla Toscana", aggiunge poi raccontandomi del suo matrimonio con una donna italiana di origini abruzzesi.
"Di italiani - prosegue - ne incontrerai molti laggiu'. Sono stati i primi a impiantare le viti e ad avviare nel sud Australia una fiorente produzione vinicola".
"Mi hanno gia' acccennato qualcosa in proposito, ma non vorrei tanti italiani intorno a dire il vero".
"E qui sbagli. Se incontri degli italiani laggiu', fatti coinvolgere nel loro ambiente. Non sono come gli italiani che hai mente tu. Quelli sono persone con valori forti e possono aprirti a un mondo che qui a Sydney non esiste. Un mondo che probabilmente non esiste in nessun altra parte del pianeta".

Sia Rob, sia la sua business partner Janet, sono persone molto colte, probabilmente le piu' raffinate tra quelle incontrate sino a ora. Cosi', mentro pianto i piccoli germogli che tra due anni daranno vita a una siepe che portera' il mio nome, "Silvio's hedge" (ne vado sinceramente orgoglioso), continuiamo a parlare del piu' o del meno. Rob smonta senza pieta' il sistema giornalistico internazionale e le restrittive politiche immigratorie dell''Europa, su cui sa molto piu' di me. E Janet si diletta a raccontare le sue avventurose vacanze italiane con l'ex marito tedesco. "Entrambe le volte - soggiunge facendo l'occhiolino - siamo passati alla frontiera del Brennero con la paura di essere inseguiti dalla polizia". All'origine del tutto, scopro, ci sono due venali infrazioni legate a una cena non pagata.

Alla fine della giornata, sulla via per la stazione di Pennant Hill, c'e' addirittura spazio per una parentesi d'affari. "Sto costruendo ostelli in tutti i piu' bei posti del paese e ho gia' preso contatti con alcune compagnie aeree. Voglio costruire dei pacchetti di 3/4 settimane tutto compreso per 4/5mila dollari, circa 3mila euro. Credo che ci sia un mercato inesplorato, quello di chi vuole di piu' dei backpackers, ma meno degli alberghi a 5 stelle. Intendo il popolo dei giovani professionisti. Pensi ci siano alcune persone di questo tipo in Italia?".
"Beh, i giovani professionisti italiani che possono spendere 3mila euro per una vacanza non sono probabilmente piu' tanto giovani, ma con qualche ritocco al ribasso su tempo e spesa qualcuno potrebbe essere coinvolto".
"Che intendi?".
"Business. Ti sto proponendo un business. Mi sembri sveglio e magari se ne puo' riparlare piu' avanti. Chiamami quando ritorni a Sydney: alla peggio ci vediamo da me e mia moglie per un po' di Prosciutto di Parma".
"Perche' no, terro' a mente".
"E ora buon viaggio. Te lo dico di nuovo. Quella e' una regione incantevole, un mondo che qui a Sydney non esiste".

martedì, marzo 13, 2007

Malu, un cabilo a Sydney

Ricordo la Cabilia come una regione montagnosa, arcigna e selvaggia. Situata a piu' di cento chilometri di Algeri e puntellata da piccoli villaggi inaccessibili alle auto. Tra le case rimbombano i ragli degli asini e qua e la' per la strada gruppetti di capre rallentano le poche macchine in circolazione.

Malu e' originario di quella terra sperduta dove sono transitato lo scorso aprile. E' nato a Tizi Ozu poco piu' di quarant'anni fa ed e' arrivato in Australia circa quindici anni addietro, al termine di un lungo viaggio a caccia di fortuna partito dall'Italia. "Non posso credere che tu abbia visto l'Algeria e la Cabilia", mi dice appena gli spiego che mia sorella abita la' da anni ormai. "Sei il primo italiano ad averlo fatto che incontro", continua evidentemente felice di avere di fronte una faccia con cui condividere ricordi seppelliti a migliaia di chilometri di distanza.

"Gli italiani - spiega Malu - sono stati cosi' ospitali. Si', su al nord, su a Ventimiglia, c'e' stato qualche carabiniere razzista che mi ha dato del marocchino, ma giu' al sud il mio boss mi diceva: "Chiamami babbo, chiamami babbo". Ah, la Sicilia. Era cosi' vicina all'Algeria che non sentivo mai la mancanza di casa".

La nostalgia di Malu, invece, ora e' molto forte. Due settimane fa ha divorziato dalla moglie australiana che l'ha legato qui cosi' a lungo e ora non ha piu' nessuno. Nemmeno la figlia di sette anni che, per decisione del tribunale, puo' sentire solo per telefono. ""Are you still smoking daddy", mi chiede ogni volta. Mi vuole bene e non vuole che fumi, ma ora non posso smettere. Bevo quattro o cinque birre ogni sera come un fottuto australiano. Bevo perche' scappare dalla realta' e' l'unica cosa che mi da' piacere al momento".

"Qualche volta - prosegue - l'Algeria mi manca cosi' tanto che vorrei mandare tutto all'aria e partire subito". E cosi' parte a raccontare, a meta' tra l'infuriato e il rassegnato, del coinquilino gay che gli e' finito in camera, dell'affitto troppo alto, della jeep che deve vendere e di tutti gli altri piccoli accidenti che lo legano ancora a un paese che non sopporta piu'. "Cosa posso fare ancora qui da solo? E' a casa che devo tornare, dove vivono tutti gli altri mie fratelli e sorelle. Proprio la settimana scorsa, la mia sorella piu' anziana, che ora ha quasi settant'anni, mi ha telefonato per dirmi che le servono dei soldi. Non l'aveva mai fatto prima e forse prima non l'avrei neppure ascoltata, ma ora, ora tutto e' diverso. Lavorero' duro ancora un po' e poi andro' la' e costruiro' una casa. Posso farlo anche da solo".

Mentre contribuiamo assieme a smaltire i pezzi di un albero il cui solo tronco pesava sette tonnellate, Malu mi riserva un ultimo consiglio: "Stai attento alle donne australiane. Lasciale perdere. This country is fucking far!".

martedì, marzo 06, 2007

John's birthday barbe

John's birthday barbe

It's only a fucking job

"Ho un piccolo problema", esordisco a a cena. "Poco fa ho chiamato Vince, il boss del ristorante, per dirgli che avrei lasciato il lavoro. Gli ho spiegato la situazione e mi sono offerto di recuperargli un altro e di fargli il training, ma niente, non ne ha voluto sapere. "I want you to be here tomorrow, I want you to be here tomorrow", continuava a dirmi. Un po' ragione ce l'ha: non ci ho potuto fare niente ma il preavviso e' stato nullo... Che faccio? Vado?"

"Ma da quanto lavori li'?", mi chiede lo svedese Salo.
"Tre settimane e mezza, part time".
"Ma che ti frega allora?! Io ho lavorato per tre anni come pizzaiolo e quando mi sono rotto ho chiuso la porta e non mi sono fatto piu' vedere".
"Non ci andare e basta - mi dice anche la tedesca Sara - E' normale. Qui succede sempre. Credo ci sia una specie di tacito accordo. Ti pagano meno perche' sanno che puoi scomparire da un momento all'altro. Non ci andare piu' comunque e non ci pensare: e' un loro problema".
"E' un po' anche il mio - torno a dire - Anche se i tre turni erano in momenti infelici, avevo ormai fatto amicizia con i cuochi. Sai, una partita a marafone, una pizza extra, un biglietto della lotteria. Mi dispiace tirare loro un pacco imprevisto...".

"Silvio - mi dice Federico - e' un lavoro. Non dovresti legarti alle persone". "It's only a fucking job - conclude Salo - sei li' per i soldi. Hai trovato di meglio e basta".

Questa mattina non sono andato. E, mi sembra, il mondo gira ancora perfettamente.

Dee Why Beach (1)

Dee Why Beach

Dee Why Beach

Dee Why Beach

Dee Why Beach (2)

Dee Why Beach

Dee Why Beach

Dee Why Beach

Watson Bay

Watson Bay

Watson Bay

lunedì, marzo 05, 2007

Papa' e' una lesbica

Olandesi, inglesi, americani, tedeschi, asiatici e ovviamente tanti, tanti australiani. I gay e le lesbiche di tutto il mondo sabato si sono uniti qui. Diecimila, ventimila, quanti? Quelli che posssono riempire una delle vie principali di Sydney, Oxford Street, per tre ore di seguito. Per le tre ore di marcia del Mardi Gras, un carnevalone di matrice omosessuale aperto alla lotta per ogni liberta': sessuale, civile, riproduttiva, politica, religiosa, ideologica e ambientale. Preservativi sull'asfalto, lustrini nei capelli, fuochi d'artificio nel cielo, corpi nudi nella via e musica delirante, un po' sessantottina e un po' underground.

Il Mardi Gras era tutto un eccesso. Un eccesso australiano, quindi enorme. Ma non quanto il piu' quieto eccesso di Annie, la signora a cui ho dato una mano nel tagliare un invadente cheese tree (albero del formaggio). Annie vive in un verdissimo quartiere nel sud di Sydney. Cammina scalza nel cortile e, nonostante l'aria sbarazzina e il tatuaggio sulla spalla, e' gia' mamma di due biondissime creature di circa dieci anni: una bambina e un bambino. Sono i suoi figli naturali. Sono nati dopo l'inseminazione artificiale dello sperma di un uomo gay. Lei e la sua compagna hanno infatti creduto che quella fosse la strada migliore per arricchire il loro rapporto.

Un rapporto che ora sembra in balia di una scelta difficile. Come conciliare le diverse opinioni in materia di pulizie: la maniacale mania di ordine di Annie e l'inarrestabile tendenza al caos della sua compagna?

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Mardi Gras
Mardi Gras
Mardi Gras
Mardi Gras