sabato, aprile 29, 2006

Atlantide esiste e non si comporta troppo bene

Logo di AtlantideQuesta mattina ho manifestato alla mia prima datrice di lavoro l’idea di lasciare l’Italia per porti più avventurosi dopo l’estate. Lei, attualmente assessore alla cultura in un comune del bolognese, ha assunto un atteggiamento un po’ dissuasivo. “Ma perché lasciare tutto senza avere la certezza di costruire nulla?”, potrebbe essere il sunto brutale della sua risposta.

Quando qualcuno ti sottolinea il carattere rassicurante delle abitudini e delle certezze si ha sempre la sensazione di essere stupidi a volerne fare a meno. Ma, allo stesso tempo, come ignorare i tanti indizi che ti convincono del contrario?

Mentre mi incitava a combattere per il mio paese, la mia interlocutrice mi testimoniava la frequente pochezza dei dipendenti del comune ove opera, un tempietto della mediocrità. Mentre parlava, si sentiva in sottofondo la diretta dal Parlamento e i tanti voti andati ad Andreotti per la presidenza del senato. E, una volta abbandonata Bologna per Forlì, ecco arrivare le storie dei dipendenti di Atlantide, la principale cooperativa romagnola operante nel turismo. Tutti loro hanno gli ormai noti contratti co.co.pro., ovviamente applicati nella solita modalità illegittima, senza la minima traccia della flessibilità implicata. Risultato: il rischio concreto di perdere gran parte delle escursioni del corso disseminate in quei fine settimana di maggio in cui Atlantide vorrebbe imporre ai suoi dipendenti “flessibili” di accompagnare l’ennesima scolaresca per l’ennesima volta nel medesimo posto. Ironico, soprattutto quando proprio i vertici di Atlantide avevano spinto i dipendenti a dotarsi del patentino da guida…

Bene, dopo aver compromesso ogni sbocco professionale nel campo del turismo, vi chiedo se vi tutto ciò vi sembra normale? Personalmente direi che qui e ora lo è. E questa è una delle certezze che mi induce a fare a meno delle altre per sperimentare nuovi lidi. Forse non saranno migliori, ma almeno per un po’ potrò nutrirne la speranza.

giovedì, aprile 27, 2006

In arrivo la prima video intervista

La primavera del 2006 continua a riservarmi novità a ogni angolo. Dopo i primi passi nel mondo della botanica. E dopo la prima trasferta con intenti “documentaristici” in Africa. Ora sembra giunto il tempo anche della prima intervista video. Anzi di più di una. L’occasione sarà la Festa della Musica e della Genetica che si svolgerà a Bologna dal 10 al 22 maggio prossimi. Nel mirino ci sono già diversi personaggi, da Libero Mancuso a Stefano Rodotà. Il più rilevante tra loro è però uno straniero, l’americano Spencer Wells. E’ un genetista, allievo di Luca Cavalli Sforza a Stanford, famoso per aver descritto attraverso libri e film “The greatest ever told”, ovvero la storia delle migrazioni umane dall’Africa. E’ un cacciatore di mutazioni genetiche, che lui ha ricercato nei cromosomi Y e nel Dna mitocondriale, gli unici due segmenti che non si rimescolano nel rimescolamento tra i gameti.

Io vedrò di superare decorosamente questa ennesima prova arrivata un po’ all’improvviso. Chi di vuoi può passi a fare un giro alle varie manifestazioni della festa, così aumentate le presenze e pensano che il mio lavoro sia stato efficace ;-)

Tornando al qui e ora è tempo di rinnovare il rito dell’aperitivo con i colleghi. E’ da qualche tempo che non si consuma e sento che la truppa presto si sparguglierà in altri lidi più o meno lontani da via Acri.

martedì, aprile 25, 2006

Cervello multi-tasking per sequenzialità soddisfacente

Di nuovo alla tastiera di casa e, domani, di nuovo nel turbine emiliano romagnolo: lavoretti vari a Bologna e lezioni da guida escursionistica a Forlì. Due fedeli compagni di viaggio a cui si unirà l’impegno per la ricostruzione narrativa e fotografica dell’esperienza appena conclusa in Algeria. Mi auguro che il mio cervello sia più multi-tasking dei computer attuali e non cracchi come ogni tanto fa Windows. Altrimenti a me chi è che applicherà Ctrl-Alt-Canc per riavviare il sistema?

Nel frattempo, per ridurre lo stress da incombenze simultanee, ho messo mano ad alcune di esse. Oggi in un’oretta ho approfittato della quiete domestica per realizzare la prima intervista. Sono partito dall’ultimo incontro, quello con la Ministra della Cultura. Il testo è già nella casella di posta di mia sorella che controllerà che non abbia fatto confusione nella mia fragile comprensione del francese. Presto procederò poi a ricostruire i dialoghi avuti con il direttore d’orchestra Bouzara, con le focolarine di Algeri e con l’artista romantico Mohand.

Alcuni piccoli tasselli che spero successivamente di riuscire a rinchiudere in un racconto unico. Non sarà facile domare la complessità dei luoghi e dei dialoghi attraversati fino alla fine, fino alle 23 dell’ultima sera e sino al check-in in aeroporto la mattina successiva. Ma ho già buttato su un foglio, a mo’ di elenco, nomi e temi. Vederli tutti assieme è già rassicurante e sono quindi certo che vederli scorrere con chiarezza uno dopo l’altro sarà un piacere ancora più grande, sufficiente a ripagare la fatica fatta per scrivere il tutto.

Prossimamente riserverò qualche spazio anche alla botanica. Tra i luoghi visitati c'è stato il lago Tonga, nell'estremo est dell'Algeria, al confine con la Tunisia. E' una delle zone umide più estese nel Mediterraneo e ospita alcune specie quasi uniche. Tra queste il castagno d'acqua, di cui ho portato il frutto e un'alga di cui caricherò la foto. I botanici del gruppo riusciranno a riconoscerla?

lunedì, aprile 17, 2006

Algeri: personaggi e luoghi in attesa di trame

Online da Algeri, per la prima volta dopo quattro giorni di maratona tra le famiglie (in senso lato) della città e delle montagne della Cabilia. Ho stretto le mani a baristi, farmacisti, edicolanti, focolarine, matrone, carrozzieri e librai. E tra l'uno e l'altro strade, angoli, piazzette, moschee, terrazze e picchi dolomitici. Persone e luoghi sono entrati come un fiume in piena. Non ho ancora toccato la tastiera, ho solo qualche appunto scritto e una bella dose di confusione nella testa, ma per ora va bene anche così: spero poi che, una volta completata la frase numero uno, tutti i pensieri ingurgitati caoticamente negli ultimi quattro giorni trovino la calma per uscire ordinatamente, paragrafo dopo paragrafo come si addice a ogni storia piacevole da raccontare.

Comunque non è questo il momento di pensare alle trame. Ci sono ancora altri personaggi e scenografie da immortalare. Pranzi e cene dei prossimi giorni si stanno già riempiendo di altri voci da ascoltare in contesti da catturare. Decisamente troppo in fretta per penna e block notes, ma a frequenza ottimale per la macchina fotografica. I click si succedono rapidi equamente distribuiti tra volti e paesaggi e le prospettive, grazie a quel formidabile biglietto da visita vivente che è mia sorella, sono quasi sempre privilegiate. La baia di Algeri di notte dalla terrazza di uno degli hotel di lusso della capitale, e i volti dei cabili immortalati dalla distanza di una stretta di mano.

Rimpiango un po' la quotidianità degli appunti nepalesi e la discreta periodicità di quelli spagnoli, ma, essendo diverso lo spirito della trasferta, è forse scontato che si differenzi anche il modo di raccontarla. Con uno stile meno continuo e personale, ma più dettagliato e localizzato. E con dei contenuti nei quali, sempre grazie alla mediazione di mia sorella, troverà meno spazio lo stupore per la "diversità" ma più spazio la spiegazione della "complessità".

Non so, dopo questo fugace intervento, quanto presto ritornerò al blog in diretta da Algeri. Oltre alla limitatezza dei tempi c'è anche un ostacolo linguistico. Nei cyber caffè locali è in uso la tastiera arabofona e scrivere diventa un'impresa. Maturato un tentativo fallimentare due sere fa, questa volta sono dunque tornato all'attacco con una strategia più articolata. Ho scritto nel portatile di casa, copiato il file nella chiavetta Usb e incollato il testo dal Pc del cyber cafè. Se state leggendo, vuol dre che è filato tutto liscio, ma potete capire che la procedura richiede un certo sbattimento. E nei prossimi giorni dubito di avere modo di poterlo sopportare. Come anticipato, pranzi e cene mi si stanno riempiendo di nuovi incontri e, dopo la trasferta in auto delle ultime 48 ore, mi aspetta quella in aereo verso Annabah. Dalle montagne a 200 Km a Est di Algeri, passerò dunque alle lagune prossime ai confini con la Tunisia. Lì - l'ho appena scoperto - si nascondono famosi artigiani della pipa. Come potrei tornare indietro senza averne conosciuto, ascoltato e fotografato uno?

Ora scappo. Ieri sera ho scritto queste poche righe molto tardi, mi sono svegliato relativamente tardi e adesso, prima di salire nella parte alta della città per visitare il primo museo della mia trasferta, mi rimane poco tempo per stampare alcune delle foto scattate negli ultimi giorni. Ne devo dare una ciacuno ai dieci bimbi che giocavano a calcio in una piazzetta sulla baia, una ai baristi della caffetteria di mia sorella e una alla comunità delle focolarine locali. Queste ultime tra l’altro diventeranno presto ospiti del blog. Porteranno una bella ventata di internazionalità, tra italiane di mille latitudini, belghe e ungheresi.

E' davvero tutto. Ora vado alla mia posta di libero, dove vedo mail su futuri impegni bolognesi che mi affolleranno le giornate al ritorno. Perché capita tutto adesso??? Sto valutando di assumere dei dipendenti :-)

mercoledì, aprile 12, 2006

Acquacheta no limits

Cascata dell'Acquacheta - Foto di Giovanni Betti - Aprile 2005A piedi nudi sotto la cascata. Acqua gelida. Terreno viscido. Rimbombo degli spruzzi. Con loro solo poche terzine di Dante.

Era sabato, l’ultimo assaggio di Romagna. Da domani due settimane di Nord Africa.

Bye bye Acquacheta. Hello Algeri.

(foto di Giovanni Betti)

martedì, aprile 11, 2006

L'unica certezza è l'Hepatica Nobilis

Uno degli esercizi spirituali che Paulo Cohelo illustra ne Il Cammino di Santiago è il camminare con lentezza. Il concetto è semplice: rallentando l’incedere aumenta la capacità di percepire i dettagli del paesaggio. Oltre agli elementi più evidenti, come le linee di una casa o di una collina, si impara così a cogliere anche gli elementi più nascosti, come il fumo di un comignolo o le increspature di una corteccia.

Giovanni Betti, mio socio al corso da guida escursionistica, santasofiese d’origine, e naturalista di formazione, non credo che avesse in mente Cohelo lo scorso sabato, ma è riuscito lo stesso a trasformare un’escursione in una lezione di cammino lento o, come dice più prosaicamente lui, una lezione di “sguardo del naturalista”.

Eravamo lungo il sentiero dell’Acquacheta. Conosco a memoria quel sentiero: probabilmente è quello che ho battuto più spesso, almeno una decina di volte. Ma avevo notato sempre e solo il punto di arrivo: la cascata a circa quattro chilometri da San Benedetto che Dante cita nell’Inferno. Sabato scorso invece sono stato dieci minuti di fronte alla cascata e cinque ore lungo il sentiero. Guardavo in basso e c’era la traccia biologica del passaggio del lupo. Guardavo sulla destra e c’era un tronco ricurvo che raccontava del lento scivolamento del terreno. Guardavo a sinistra e c’era la fioritura giallo scura del Corniolo da non confondere con i gialli più tenui dei Salici e dei Saliconi. Guardavo avanti e c’era da far luce sull’intricata commistione tra faggi, querce, frassini e castagni. Mi voltavo in dietro e c’era un albero isolato che raccontava la storia del pastore che ne sfruttava l’ombra mentre il suo gregge pascolava nel prato circostante.

Camminare con lentezza o, se si preferisce, adottare lo sguardo del naturalista mi ha avvicinato a una galassia di simboli di difficile decifrazione, perché le variabili naturali giocano a combinarsi in modo subdolo e mascherano l’una gli effetti dell’altra. C’è l’altitudine che ferma i faggi sopra gli 800 metri, ma poi c’è il fiume che aumenta l’umidità e li spinge più a valle fin quasi al paese. Allora, per capire se ciò che ci è di fronte è un faggio o un carpino, si è costretti a concentrasi sulla corteccia. Quella del faggio è scura e liscia, mentre quella del carpino è più chiara e increscapata. Ma la regola non vale sempre, perché il carpino giovane ha a sua volta la pelle liscia. E poi c’è non va dimenticata la quercia: anche lei ha la corteccia ruvida...

Quello del naturalista mi è parso insomma un mondo dominato da verbi al condizionale. L’unica certezza acquisita riguarda la pianta della foto qui a fianco, scattata proprio da Giovanni: è l’Hepatica nobilis. E’ una pianta semplice da riconoscere e molto comune. Chiaro, no? Ricordate però che la stessa pianta può chiamarsi anche Occhi di gatto, Anemone hepatica o Erba trinità...

“Cogito ergo sum”, diceva Cartesio. “Cogito ergo dubito”, dico io. Parola di guida fallita.

venerdì, aprile 07, 2006

Last minute bravehearts

Mel Gibson in Braveheart
Giovedì sera ho visto Il Caimano di Nanni Moretti. L’epilogo è triste: in primo piano l’ombra di Berlusconi; sullo sfondo i bagliori della sommossa popolare provocata dalla sua condanna. Scenario plausibile quello di una sommossa popolare pro-Berlusconi?

La domanda vera per ora resta un’altra: sarà possibile liberarsene almeno a livello elettorale? Già quattro volte nella casella di posta elettronica mi è arrivato un messaggio rincuorante: i coglioni saranno sempre il doppio delle teste di cazzo. Peccato che a spedire la mail siano stati i soliti noti. Un circolo di sinistroidi che forse ignora chi li circonda. Per esempio le otto persone di ambiente ciellino che sono finite da me a pranzo negli ultimi due giorni: otto voti equamente distribuiti tra Alleanza Nazionale e Forza Italia.

Inizio a temere che le teste di cazzo non siano poi così più rade dei coglioni. E’ che i coglioni parlano sempre, mentre gli altri sono più pudichi e manifestano con coraggio la loro posizione solo all’ultimo minuto. Ahimé quello che serve però!

giovedì, aprile 06, 2006

...soprattutto niente giornalisti!

Copertina del libro Soprattutto niente giornalistiSto odiando l’ordine dei giornalisti. Ogni volta che ci passo per perfezionare l’iscrizione ignorano gli articoli e mi commissionano altre 150 pratiche per l’accertamento dei pagamenti. Più che un giornalista mi sembra di dover diventare un fiscalista...

Questa è una delle cause per cui comincio a odiare la professione. E quest’odio forse è la ragione per cui ieri, dopo aver perso il treno, sono stato da Feltrinelli ad acquistare un piccolo pamphlet di Jacques Derrida intitolato “...soprattutto niente giornalisti!”.

E’ una simpatica riflessione su mass media e religione e sul rilancio che la Tv ha dato al religioso. Quest’ultimo sentimento, scrive il filosofo francese, è un atto di fede: la religione dice “credimi!”. Esattamente come fa la Tv, un mezzo che cerca di annientare la propria tecnicità per invitare l’ascoltatore a credere che lo schermo sia uno specchio della realtà. La Tv dice “credimi! Ciò che vedi è ciò che è”.

La simbiosi tra senso religioso e mass media è valida per tutte le religioni, ma per il Cristianesimo lo è di più. I Cristiani sono gli unici ad avere un Dio che si è fatto uomo, quindi un Dio che si vede. Il Papa alza l’osta e dice: “Credimi”. Quando è arrivata non ha fatto altro che dirlo guardando la telecamera.

Interessante giochino, insomma. Due atti di fede consecutivi: dalla Chiesa alla telecamera e dalla telecamera al pubblico. E il gioco funziona così bene che la gente “crede” anche quando il Papa parla di cose che con Dio non c’entrano molto. Ma si sa: se si gioca sulla fede, la ragione ha pochi margini. Credetemi! :-)

martedì, aprile 04, 2006

Cronache alternative e cronache comuniste

Un insegnante ha sottolineato che nel mio articoletto sulla presentazione del libro di Fabio Volo ho sorvolato sulla riflessione che la Iena ha riservato alla scuola. E’ vero. Scrivendo sul sito dell’Università di Bologna ho considerato giusto tralasciare l’invettiva contro il nostro sistema educativo, accusato di essere un esamificio finalizzato alla disoccupazione intellettuale.

Ci sono almeno due cose da notare a proposito dell'intervento dell'insegnante.

La prima è che la riflessione sulla scuola non è stata l’unica a essere dimenticata. Volo ha parlato per più di due ore: se avessi registrato tutto il suo discorso e l’avessi trascritto come un pappagallo, avrei partorito più o meno dieci pagine di robaccia, equivalenti a una ventina di videate sul web... Nessuna cronaca è integrale. Cronaca è sinonimo di sottrazione: si racconta ciò che può essere inserito in una storia con un inizio e una fine e la storia si sceglie in base al proprio punto di vista. Il mio punto di vista, nel caso in questione, era quello dell’Università di Bologna e non prevedeva quindi critiche al sistema scolastico. Ovviamente c’erano altre storie da raccontare e giustamente qualcuno me ne ha fatta notare una. Il caro professore si è limitato ad adottare un punto di vista alternativo. Operazione legittima, almeno fino a che qualcuno non inizia a chiamare le alternative altrui “congiura comunista”.

E veniamo alla seconda considerazione. In realtà, pur adottando il punto di vista dell’Università di Bologna, avrei potuto parlare delle accuse al sistema scolastico italiano. L’avrei fatto se avessi avuto dati alla mano per delegittimarle. Però non mi sono sentito così sicuro di poterlo fare. Ma forse il mio critico avrebbe avuto utili suggerimenti.